Inquilini, lavoratori, pensionati hanno partecipato ieri pomeriggio alla manifestazione milanese contro il progetto di legge regionale sulle case popolari, organizzata dai sindacati confederali Cgi, Cisl, Uil e degli inquilini Sunia, Sicet, Uniat, Unione inquilini e Conia della Lombardia. Secondo sindacati e manifestanti, il PdL varato dalla giunta Maroni non risolve i problemi e stravolge le finalità sociali e di servizio, scaricando i costi sull'utenza e sui Comuni. Il provvedimento, infatti, esclude dalle case popolari le famiglie povere, e trasferisce ai Servizi Sociali compiti e spese di assistenza.
Mentre era in corso la manifestazione, una delegazione ha incontrato l'assessore regionale alla Casa, Fabrizio Sala, al quale sono state ribadite le ragioni della protesta, sollecitandolo a modificare la legge nel segno di una maggiore efficacia ed equità. L'assessore ha dato la propria disponibilità a proseguire il confronto e ad ascoltare le ragioni del sindacato nel corso dell'iter di approvazione.
Graziella Carneri, della segreteria della Cgil Lombardia, afferma: “Questo PdL è sbagliato e va modificato perché, anziché risolvere i problemi fondamentali delle politiche abitative in Lombardia, è destinato ad aggravarli, e non dà risposte sul piano della mancanza di alloggi e di risorse per garantire un patrimonio immobiliare pubblico adeguato per qualità e quantità. Non c’è un finanziamento strutturale per le politiche abitative e per la stessa legge, e le risorse previste sono del tutto insufficienti. L'ingresso dei privati nel sistema di gestione del patrimonio pubblico ha senso solo se è utile ad aumentare la disponibilità di alloggi, ma la legge non pone alcun vincolo in tal senso. É sbagliata e miope la divisione fra servizio abitativo pubblico e sociale perché genera ghetti, cambiando la destinazione d'uso delle case popolari (solo per i poveri..) e scarica costi e oneri sui comuni”.
Francesco Di Gregorio, segretario regionale del Sunia commenta: “Siamo preoccupati rispetto alla gestione pratica di un cambiamento di sistema. Infatti la modifica dei bandi in capo ai comuni e le assegnazioni che possono essere fatte anche dai gestori privati, in aggiunta alle modalità delle assegnazioni fatte per quote - 20% poveri,15% famiglie italiane,15% famiglie straniere più una quota di anziani e a seguire altre categorie - pongono un problema di gestione del bisogno abitativo, facendo sparire l’intenzione genuina del mix sociale. Il PdL non affronta tutto il capitolo dei canoni, ma ne delinea i tratti che sono preoccupanti. Non solo non si interviene, come chiedono i sindacati, nella modifica del sistema di calcolo della L.R.27 che aveva aumentato gli affitti in modo pesante, ma si creano dei costi aggiuntivi, ad esempio di gestione e manutenzioni ordinarie, scaricando sugli inquilini anche il peso del ricalcolo dei canoni con il nuovo Isee nazionale. Per gli inquilini vecchi o nuovi le prospettive future non sono molto tranquillizzanti, con i possibili aumenti del canone e in assenza di chiarezza anche sulla temporaneità dei contratti per definirne la durata, o se non si definiscono i limiti economici della decadenza”.
Pierluigi Rancati, segretario generale del Sicet Lombardia sottolinea che "il cambiamento immaginato dalla giunta punta solo al ripristino della sostenibilità economica dei gestori, aprendo ai privati la gestione delle case popolari senza dire nulla su criteri e garanzie di appropriatezza e trasparenza nell'affidamento dei servizi. La legge prevede meccanismi di assegnazione degli alloggi sbagliati, perché discriminatori verso i poveri e i migranti e scarica sui Comuni la presa in carico della domanda più svantaggiata e a rischio di esclusione dal nuovo sistema dell'edilizia sociale. Inoltre, delegifica l’intera disciplina del canone sociale e trasferisce alla Giunta il compito di fissare con un successivo regolamento gli affitti delle case popolari per garantire con nuovi aumenti la copertura di tutti i costi delle Aler. E' necessario quindi che giunta e consiglio, visto che l'iter approvativo ha rallentato il passo, ascoltino con più attenzione le istanze degli inquilini e le proposte sindacali, modificando e aggiustando il progetto di legge che andrà in discussione, perché sulla riforma dell'edilizia pubblica non si può più sbagliare".
Beppe Saronni, segretario regionale Cisl Lombardia, afferma che “l'azione sociale passa anche attraverso il diritto all'abitare, in quanto tale rientra nei doveri che lo Stato deve assumersi. Questa è la ragione del nostro dissenso alla ormai prossima riforma dell'edilizia pubblica, che riduce il patrimonio a disposizione, che apre ai privati senza i necessari requisiti di trasparenza, che non decide sostegni economici strutturali, trasforma e riduce uno strumento di sostegno sociale vincolandolo a fattori prevalentemente economici. Noi chiediamo che si rivedano i criteri dell'offerta abitativa, dando certezza e sostegno. Chiediamo di essere coinvolti con confronti veri e preventivi nelle fasi attuative e regolatorie della riforma, forti della rappresentanza e del mandato che ci viene affidato”.
Danilo Margaritella, segretario generale Uil Milanoe Lombardia ricorda che "i problemi sono noti: interi quartieri da risanare, morosità cresciuta enormemente e quindi affitti e spese non pagate. Le occupazioni abusive rappresentano ancora un grave problema. Le graduatorie per le assegnazioni degli alloggi si sono negli ultimi anni ulteriormente allungate, le assegnazioni in deroga si esauriscono troppo velocemente causa vincoli delle normative regionali. Infine lo stato di crisi di Aler Milano e la nuova separazione della gestione delle case popolari tra Aler e Comune di Milano (che ha affidato a MM la gestione<x-apple-data-detectors://3> del proprio patrimonio) non hanno migliorato assolutamente lo stato delle cose”.
Case popolari, inquilini e sindacati in piazza
"Un progetto e una riforma sbagliati"
1 dicembre 2015 • 19:33