“È davvero indifferente che si raggiunga o meno l'accordo tra il governo e le organizzazioni sociali?” Se lo chiedono Mimmo Carrieri e Cesare Damiano in un articolo pubblicato oggi da Il Riformista. E aggiungono: “ L'accordo con le parti non è mai stato irrilevante per i soggetti pubblici. In generale la strada dell'intesa ha costituito una via obbligata per i governi che vogliano ampliare il loro consenso sociale. Inoltre, senza la cooperazione delle grandi organizzazioni resta più problematico attuare molte delle decisioni assunte”. “Dopo l'esperienza non brillante dell' articolo 8 di Sacconi – spiegano – questa opzione non appare promettente, né nell’ambito delle relazioni industriali e neppure sul fronte del mercato del lavoro”.
Ma non c’è solo una questione di metodo. “I nodi essenziali per superare le attuali criticità – dicono Carrieri e Damiano – dovrebbero vedere il governo impegnato in primo luogo sulle materie di propria pertinenza: creazione di lavoro, sostegni selettivi alle imprese in funzione della loro crescita dimensionale, miglioramento dei servizi pubblici per l'impiego, una chiara idea di come allargare i beneficiari degli ammortizzatori sociali, incentivi alle assunzioni a tempo indeterminato. Spetterebbe poi al governo mettere a punto le risorse - non solo economiche, ma soprattutto di visione - per convincere gli attori sociali a fare la loro parte, a cooperare di più, a migliorare i presupposti per favorire gli incrementi di produttività. Solo in parte questo catalogo – concludono Carrieri e Damiano – coincide con le mosse degli esponenti dell'esecutivo”