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URBINO – La Carta dei diritti universali del lavoro come una ventata di aria fresca e di speranza. È questa la sensazione che si avverte al termine dell’assemblea che si è tenuta oggi (10 marzo) all’Università “Carlo Bo” di Urbino con l’obiettivo di illustrare i contenuti della proposta Cgil di nuovo Statuto dei lavoratori, con la segretaria generale della Camera del lavoro di Pesaro Urbino Simona Ricci e la partecipazione di Paolo Pascucci, docente ordinario di Diritto del lavoro alla facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo feltresco.
Una piccola città, un gioiello architettonico già patrimonio dell’umanità, orgogliosa della sua antica università e dove però si toccano con mano le conseguenze di anni di politiche di riforma del lavoro che hanno accentuato le disuguaglianze e le ingiustizie. Per questo, aprendo il suo intervento all’assemblea, a cui hanno partecipato i docenti, il personale tecnico amministrativo e i ricercatori assegnisti, Simona Ricci ha parlato di proposta ambiziosa, che guarda a tutto il mondo del lavoro, e di obiettivi che devono essere raggiunti, anche se difficili e a prescindere dal tempo che ci vorrà. “Noi ci crediamo – ha detto la segretaria generale della Cgil –, riordinare il diritto del lavoro ed estendere i diritti è irrinunciabile”.
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“La Carta si colloca nel solco della Costituzione – ha osservato nel suo intervento il professor Pascucci –, dove il lavoro ha un duplice valore: fondante la nostra Carta fondamentale e fondante la democrazia: senza il lavoro non può esserci democrazia”. Nel corso del dibattito sono stati toccati un po’ tutti i nodi irrisolti delle attuali norme che regolano il lavoro, con l’abuso della flessibilità che diventa precarietà, attraverso contratti a tempo determinato senza che ce ne sia una ragione, tutele crescenti non in base all’anzianità professionale, ma solo come indennizzo economico. Senza contare l’abuso di uno strumento come quello dei voucher, che – almeno nelle intenzioni – avrebbe dovuto far emergere il sommerso, mentre “i risultati sono il suo utilizzo forsennato e la conseguente amplificazione della precarietà e della mancanza di regole”.
Alla domanda sui punti di forza e di debolezza della Carta dei diritti, Paolo Pascucci ha risposto che “sull’impianto normativo della Carta la sensazione è quella di una complessiva riconsiderazione del diritto del lavoro. Dei diritti sia individuali, sia collettivi. La parte più originale, riguarda gli articoli 39 e 46 della Costituzione, un terreno sul quale il legislatore ha invano tentato di intervenire. Ritengo che si tratti di un progetto ambizioso, però mi auguro che non rimanga un ‘libro dei sogni’ – ha proseguito il giuslavorista –. Credo che lo scenario di crisi economica nel quale ci troviamo, una crisi strutturale e dalla quale usciremo cambiati, come sostengono del resto numerosi analisti, imponga di guardare a una realtà nuova, tenendo conto di un impoverimento che non tocca solo le fasce deboli, ma anche il ceto medio e finanche quello medio-alto”.
Anche sulle parole d’ordine della Carta dei diritti universali, liberta è dignità, Pascucci ha chiarito il suo punto di vista: “Non posso che essere d’accordo, ma credo che sia necessario che il sindacato, oltre a chiedere, guardi alla realtà e alle novità che essa impone. Ho la sensazione che qualche volta venga fotografata una realtà che è già superata. È necessario creare condizioni di maggiore partecipazione in un modo del lavoro frammentato, variegato, complesso. In questo scenario, sono importanti anche la contrattazione integrativa e, in particolare, nuove ed efficaci politiche industriali, senza le quali non si può creare occupazione”.
Tuscia Sonzini, della Rsu dell’ateneo, bibliotecaria dal 2001, ha detto che la Carta universale dei diritti è importante anche dal punto di vista etico. “Negli anni – ha spiegato – la contrattazione non è riuscita a tutelare tutti. Ma assai peggiore è stata la convinzione cresciuta nei lavoratori di una divisione tra quelli di serie A e quelli di serie B. Questa proposta rimette al giusto posto il valore della dignità della persona che lavora”. Liana Cerioni, ricercatrice “assegnista”, ha affermato di essere “ottimista, positiva e felice di questa proposta della Cgil”. Liana, 40 anni, ha fatto sapere nel suo intervento che il suo assegno di ricerca, come quello degli altri colleghi, scade ogni 12 mesi. “Viviamo così, senza certezze, ma quello che trovo insopportabile è che siamo ricattabili. Non abbiamo alcun potere contrattuale e la ricattabilità è un’ingiustizia estrema”.
I ricercatori sono arrabbiati anche per l’esclusione dalla riforma degli ammortizzatori sociali. Non possono accedere alla Naspi. Un terreno assai delicato, su cui è intervenuta anche Simona Ricci, che ha ricordato l’impegno del sindacato per sanare l’ennesima ingiustizia, “frutto di scelte politiche miopi che non includono e che ricadono spesso sui più deboli”. Del valore della ricerca, ha aggiunto la numero uno della Cgil di Pesaro Urbino, si parla spesso, “pochissimo delle condizioni dei nostri ricercatori”. Dall’assemblea alla “Carlo Bo” si esce con la promessa di un impegno fortissimo per la raccolta delle firme, che comincerà ad aprile, e con la volontà di rivedersi per fare il punto della situazione.