"Con una relazione inviata al Ministro della Giustizia Alfano, a cui è stata allegata una informativa diretta alle rappresentanze sindacali, il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, dr. Franco Ionta, comunica la volontà di procedere alla dismissione di due Scuole di Formazione del personale di Polizia Penitenziaria – Portici (Napoli) e Monastir (Cagliari) – mentre per una terza, Verbania, sarebbe pronto un progetto di riconversione. Una decisione che scaturirebbe da uno studio sull’uso delle strutture destinate alla formazione del personale, sul loro presunto ridotto e anti economico utilizzo, che non ci trova assolutamente d’accordo". E' quanto dichiara in una nota Francesco Quinti, responsabile nazionale della Fp Cgil per il comparto sicurezza.

Un provvedimento inaspettato, prosegue, "e se vogliamo incomprensibile, considerata la promessa assunzione di alcune migliaia di uomini e donne della Polizia Penitenziaria che in quelle scuole andrebbero formati, assunzioni che non consentirebbero comunque il recupero delle 6.000 unità mancanti".

"Se si vuole razionalizzare l’utilizzo del personale non impiegato nelle strutture e nei servizi penitenziari, noi siamo d’accordo. Siamo stati i primi a chiederlo al Ministro Alfano e al Capo del Dipartimento Ionta. Si cominci però da quelle migliaia di poliziotti che sono stati distaccati per motivi di servizio in strutture esterne all’amministrazione penitenziaria, al Ministero della Giustizia o al Dipartimento, e da quelli in esubero nei Provveditorati regionali".

"Per quanto riguarda poi i profili di economicità - secondo Quinti -, siamo al paradosso: mentre si sostiene la necessità di contenere la spesa con la soppressione delle scuole e il recupero del personale, bisognerebbe però spiegare all’opinione pubblica perché ben 5 dirigenti generali, già nominati, non occupano ancora i posti lasciati vacanti in altrettanti provveditorati regionali, temporaneamente assegnati a titolari di quelle responsabilità in altre sedi come, ad esempio, quello impiegato presso il Provveditorato del Triveneto, spesso costretto a recarsi in missione – quindi con spese a carico dell’amministrazione - addirittura in Sardegna".