"Non è tollerabile che a pagare il prezzo più alto per la cattiva gestione del sistema penitenziario siano ancora una volta siano i poliziotti penitenziari". Così il segretario nazionale della Fp Cgil, Salvatore Chiaramonte, commenta la notizia degli undici poliziotti penitenziari in servizio a Rebibbia, indagati per l'evasione dei tre detenuti albanesi del 27 ottobre scorso.
Il dirigente sindacale sottolinea “la totale fiducia nell'operato della magistratura, ma riteniamo che non possano pagare coloro i quali sono lascati soli dai vertici del sistema, che operano in un contesto difficile e che sono costretti a carichi di lavoro massacranti, a causa della grave carenza di organico, di cui soffre il corpo di Polizia penitenziaria. Carenza, causata dai mancati investimenti per le assunzioni, per i sistemi di sorveglianza e la formazione, che la politica non ha avuto il coraggio di fare nel settore, ma anche dalla cattiva gestione del personale, messa in atto negli anni dai vertici del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria".
Per questo motivo, aggiunge il sindacalista, "risulta incomprensibile come questi stessi vertici non vengano chiamati a rispondere del loro operato. Per quale motivo non si vada ad indagare su come si siano create le gravi carenze di organico che affliggono l'istituto di Rebibbia - circa trecento unità -, come molti altri nel resto del territorio nazionale, e sul perché molti poliziotti penitenziari siano stati distolti dai loro compiti istituzionali e distaccati in sedi amministrative a fare altro".
Da tempo, ricorda l'esponente Cgil, "denunciamo tale fenomeno e, malgrado qualche incontro con le organizzazioni sindacali al Dap e qualche dichiarazione d'intenti, ancora non si è dato il via a un progetto di recupero del personale di Polizia penitenziaria verso le carceri. Riteniamo che il momento di agire non sia più rinviabile e che coloro che si sono succeduti negli anni alla guida del Dap comincino a rispondere del loro operato".