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"Abbiamo appreso con soddisfazione che ad Andria questa notte sono state emesse ordinanze di custodia cautelare in carcere per sei persone coinvolte a vario titolo in reati relativi a caporalato, sfruttamento, intermediazione illecita e le indagini e le persone arrestate sono coinvolte nelle indagini per la morte della bracciante Paola Clemente. Paola non c'è più, manca ai suoi cari e agli amici, ma per lei, tutti insieme, non ci siamo risparmiati nel chiedere verità e giustizia su una morte assurda e che non poteva essere stata causata da un ordinario malore". Lo dichiara Ivana Galli, Segretaria generale Flai Cgil.
"Come Flai nel luglio 2015 avevamo denunciato che Paola era morta di fatica nei campi, lasciata senza soccorsi adeguati, e per la sua morte ci doveva essere una catena ben precisa di responsabili. Le indagini e i fatti di questa notte stanno facendo emergere la verità, una verità scomoda che ci dice come nei campi troppo spesso si lavori in condizioni di sfruttamento, mal pagati, insicuri. Ci dice che la legge 199 è una legge giusta e necessaria per riportare legalità nel lavoro agricolo, per consentire agli imprenditori onesti di non dover competere con chi risparmia sulla pelle dei lavoratori. Oggi - conclude Galli - fiduciosi nella giustizia e nelle inchieste in corso rivolgiamo il nostro pensiero a Paola e ai tanti altri lavoratori vittime di sfruttamento che ancora attendono verità. Infine, chiediamo a tutti i soggetti preposti di applicare la legge 199 senza indugi, serve al Paese, serve a chi vuole un lavoro legale e dignitoso".
"Si applica e si dimostra efficace la legge 199 di contrasto al caporalato, attaccata quasi quotidianamente dalle associazioni datoriali. Ma senza il coraggio e gli esposti della sua famiglia, sostenuta fin dal principio dalla Flai e dalla Cgil pugliese, la tragica fine dell’operaia agricola sarebbe stata derubricata a casualità". Così Pino Gesmundo, segretario generale Cgil Puglia, e Antonio Gagliardi, segretario generale Flai Cgil Puglia. "Solo una settimana fa, durante la nostra iniziativa con Susanna Camusso, sul palco dell’assemblea regionale a Taranto abbiamo ascoltato Stefano Arcuri, il marito di Paola, chiedere che quanto accaduto possa almeno servire affinché nessun altra tragedia del genere debba mai più ripetersi".
Alla magistratura, osservano i due sindacalisti, "il compito di accertare fino in fondo le responsabilità. Quel che invece è urgente e rilanciamo con forza è avviare un tavolo istituzionale permanente presso la Prefettura di Bari – che secondo il Protocollo sperimentale di contrasto al caporalato firmato nel maggio del 2016 ha il compito di coordinare tutte le prefetture della regione - per monitorare il fenomeno dello sfruttamento nelle campagne e rendere applicabili le nuove norme di contrasto al caporalato. C’è già la disponibilità della Regione Puglia manifestata dal dirigente Stefano Fumarulo".
È di un mese fa la denuncia del presidente della Corte d’appello di Bari, in apertura dell’anno giudiziario, sulla gravità della situazione e gli interessi criminali che coinvolge. Di lunedì la vicenda dei braccianti rumeni ridotti in schiavitù nel Tarantino. "Chiediamo un tavolo – al Prefetto di Bari abbiamo già inoltrato con la Flai una richiesta ufficiale - al quale invitare le parti datoriali, quelle sane, quelle che non ricorrono a caporali e subiscono la concorrenza sleale di chi viola leggi e contratti. Non è pensabile che un settore strategico per l’economia pugliese debba competere non su qualità ed eccellenza ma sulla contrazione di diritti e salari, alimentando economie criminali. Non è pensabile che la dignità delle persone venga continuamente offesa e la loro sicurezza messa in pericolo.
Deleonardis (Cgil Bat), lo Stato oggi c'è ma ancora poche ispezioni
“Il caporalato è sempre esistito, oggi ci troviamo di fronte a forme nuove del fenomeno che sono quelle delle agenzie interinali che si sono sostituite ai caporali, come emerge dall’inchiesta della Procura che conferma quanto da noi denunciato”. Commenta così il segretario generale della Cgil Bat, Giuseppe Deleonardis, l’operazione della polizia. “Il caporalato è fortemente presente in questo territorio e si alimenta di un sistema in cui non c’è alcun incontro tra domanda e offerta di lavoro. Quindi i lavoratori sono vittime e se vogliono avere un lavoro sono obbligati ad accettare le condizioni di ricatto”.
Deleonardis parla anche di un "muro di omertà" da parte dei lavoratori, spiegando che “se la gente per lavorare deve ricorrere al caporale, è chiaro che accetta, e non ha fiducia nello Stato. La legislazione negli ultimi anni è sempre stata permissiva, ha legittimato questi strumenti. Perciò rivolgo un appello ai lavoratori: abbiate fiducia nelle vostre forze, c’è bisogno di una battaglia per mettere insieme un’azione collettiva, noi siamo già in campo ma abbiamo bisogno di voi”.
“La legge anti-caporalato, che noi a Taranto la settimana scorsa abbiamo dedicato a Paola Clemente, è uno strumento importante che estende la responsabilità solidale anche in capo alle imprese ed introduce un elemento di valorizzazione delle aziende iscritte alla ‘rete di qualità’ oltre che attiva percorsi congiunti di intervento nel mercato del lavoro. Tutto questo però non viene rafforzato da un altro elemento fondamentale che è quello dell’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro attraverso un collocamento pubblico in grado di rompere la discrezionalità dell’impresa e dell’intermediazione nella selezione dell’avviamento al lavoro”.