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Trasporti, decoro urbano, diritti di cittadinanza: sono solo alcune delle emergenze di Roma Capitale alle prese con debolezze politiche, corruzione, malagestione, scarsità delle risorse, costante rimpallo di responsabilità tra amministrazioni locali e Stato centrale. “Il sistema di trasporti a Roma è al collasso – conferma Michele Azzola, segretario generale della Cgil di Roma e Lazio –, le denunce del sindacato si sprecano, ma la realtà peggiora di giorno in giorno, ed è il frutto di dieci anni di mancati investimenti”.
“Le aziende di trasporto pubblico locale – prosegue Azzola ai microfoni di RadioArticolo1, nella puntata odierna di ‘Italia Parla’ – non sono aziende complesse da gestire, e possono fare utili. Ma hanno smesso di investire: abbiamo un parco automezzi datato, tanto che ormai i cittadini romani e i turisti ritengono di non dover più pagare quel servizio, quindi c'è un crollo delle entrate”. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: “Meno mezzi, meno corse, con una riduzione che sta portando il servizio pubblico locale a concentrarsi nel centro della città. Le periferie – sottolinea il dirigente Cgil – stanno pagando un prezzo altissimo, e il tutto è coronato dal fatto che non c'è un'idea di trasporto pubblico locale e di trasporto privato. Il comune ci ha assicurato che farà un progetto complessivo sulle partecipate, ma siamo ancora in attesa”.
Per Azzola “chi paga il prezzo più alto sono quei cittadini deboli, meno abbienti, che stanno già pagando la crisi. La cosa più triste è che pagano il prezzo due volte: lo pagano perché non c'è lavoro, e lo pagano nell’arretramento dei servizi. Può scoppiare la tenuta sociale di questa città”.
L'altra grave condizione di degrado riguarda l'ambiente e l'Ama. A Roma cambiano più assessori, direttori generali, consiglieri, amministratori delegati che cassonetti e la Municipalizzata dei rifiuti brilla per i titoli di cronaca, spesso anche giudiziaria, piuttosto che per la pulizia della città e la gestione del verde, dei cimiteri e degli spazi urbani. Si è parlato però anche di consociativismo del sindacato, ma “la Cgil ha fatto ormai da dieci anni – precisa Azzola – la scelta di uscire da tutti i luoghi in cui si poteva immaginare che non ci fosse un attività sindacale ma una consociazione. La Cgil ritiene che le partecipate romane siano state utilizzate per troppo tempo a fini elettorali. Servivano a creare consenso al politico, non a gestire un servizio. L'Ama è ridotta in quelle condizioni, in una regione e in un comune che non hanno chiuso il ciclo dei rifiuti. Ogni giorno da Roma partono 120 tir verso il Nord Italia e l’Europa, e noi paghiamo società che ne traggono beneficio perché gestiscano i nostri rifiuti”.
Il sindacato denuncia anche qui “l'assenza totale di un progetto organizzativo che possa chiudere il ciclo dei rifiuti sul territorio della regione Lazio. A Roma è simpatico – prosegue Azzola – vedere i dipendenti di Ama che puliscono le strade: lo fanno con la scopa e la ramazza come cinquant’anni anni fa, in mezzo al traffico aperto, con le macchine parcheggiate. Abbiamo una moto spazzola e tre dipendenti di Ama che coraggiosamente provano a togliere la sporcizia dalle strade, ma se ci fosse una programmazione come in tutte le città normali, dove si chiude una strada al parcheggio per una notte, quella moto spazzola potrebbe fare chilometri lineari di pulizia delle strade alla ‘velocità della luce’ risparmiando di un terzo i dipendenti necessari, perché non sarebbe necessario un dipendente con la ramazza. Tutto questo non si fa e non si organizza ed è di una gravità unica, perché la sporcizia di questa città è diventata ormai una cosa intollerabile”.
“Ancora oggi non sappiamo se a comandare le politiche sulla pulizia della città sia l'assessore o il capo dell'azienda – prosegue Azzola –, il problema vero è che un servizio di quel genere può essere organizzato solo e solamente se la politica, quindi l'assessore e il sindaco, decidono un modello di organizzazione che passi a una raccolta differenziata porta a porta, così da togliere dalla città i cassonetti, che sono il vero elemento di scandalo”.
A proposito di città ferma, a Roma si registra una delle più gravi cadute di occupazione proprio nel settore delle costruzioni e dell'edilizia. Al riguardo Azzola sostiene “che Roma ha perso un'occasione importante con le Olimpiadi, perché il riscatto della città poteva passare attraverso la riqualificazione delle periferie con gli impianti sportivi proprio attraverso un'opera importante come le Olimpiadi. Avremmo speso dei soldi sì, ma li avremmo spesi per avere una città migliore di quella che abbiamo oggi”. Per la Cgil il settore dell’edilizia “si può riattivare, Roma è piena di piccoli, piccolissimi e medi lavori che andrebbero eseguiti prontamente. Ma non c'è solo un problema di grandi opere, c'è anche un problema di manutenzione ordinaria”.
Più in generale il dirigente sindacale ammette che c’è grande preoccupazione: “Stiamo pagando una crisi industriale gravissima. Ricordo le crisi degli ultimi due mesi: Almaviva, 1.600 persone; Sky, 400 persone; dietro Sky viene Mediaset che è pronta a mutuare il modello e a fuggire a Milano. Poi abbiamo la crisi di Alitalia, abbiamo le crisi del settore farmaceutico”. Per Azzola è concreto “il rischio di un abbandono di Roma, nel senso che le imprese scelgono Milano come sede unica rompendo il duopolio che aveva garantito fino a oggi la nostra città”.
“Stiamo chiedendo al comune, al sindaco Raggi e al presidente della regione, Nicola Zingaretti, di farsi promotori di un'apertura di tavolo con il governo per pensare al rilancio di Roma Capitale. Bisogna decidere cosa sviluppare e iniziare a focalizzare le risorse”.
Il primo esempio riguarda il porto di Civitavecchia: “Oggi è mal utilizzato – spiega Azzola –, lo usiamo solo per la crocieristica. Se riuscissimo a costruire il retroporto e a far arrivare i 400 mila contenitori che possono rappresentare il mercato del centro Italia, avremmo una crescita del Pil significativa”.
Un altro tema è l'aeroporto di Fiumicino: “Vocazione naturale di questa città è il turismo, e quindi quell’infrastruttura deve diventare fondamentale. In quest'ambito la crisi di Alitalia va risolta in maniera diversa, non è una crisi ordinaria in cui un'azienda si confronta col sindacato sui costi, qui ci va di mezzo l'interesse di un Paese che deve sapere che, se rinuncerà a un vettore aereo, le compagnie di bandiera francesi, tedesche e inglesi decideranno di portare i cittadini del mondo a Francoforte, a Londra o a Parigi; da lì verranno anche a Roma, con un volo low cost, e li porteranno qua un giorno e mezzo in un turismo mordi e fuggi che non ha nessuna prospettiva, non porta ricchezza. Invece noi dobbiamo attrarre direttamente i cittadini di quel mondo su questa città e dargli prospettive”.
Altri due filoni sui quali si deve puntare per rilanciare l’economia della capitale sono il Tecnopolo del Tiburtino e il polo chimico e farmaceutico: “Stiamo perdendo la testa di quel poco che sta andando a Milano – insiste Azzola –, comune e regione hanno il dovere di chiamare quelle imprese, aprire un tavolo con le parti e chiedere quali siano le necessità perché le aziende mantengano il corpo in questa regione. Perché se perdiamo il corpo – conclude – trasformiamo il settore in un pillolificio, e domani delocalizzarlo sarà più facile”.