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“E' davvero ora che il governo Renzi rompa gli indugi e agisca per attuare la prima vera riforma che serve all'Italia: difendere e allargare l'occupazione, trovare risorse per investire nel lavoro”. Lo afferma in una nota il segretario generale della Cgil Susanna Camusso
“Da parte dell'esecutivo - aggiunge il leader della Cgil - è ora di cambiare strategia: bisogna che il Presidente del consiglio nelle visite pastorali non porti ai lavoratori delle fabbriche in difficoltà solo parole, televisioni e giornalisti ma provvedimenti, politiche industriali e risorse. Al mondo del lavoro e della produzione serve una maggiore incisività nella difesa e nell'allargamento dei livelli produttivi, dell'occupazione, della capacità competitiva del Paese. Tutto questo non lo vediamo nelle preoccupazioni e nelle azioni di un governo impegnato solo nelle controverse leggi costituzionali e elettorali. Anche gli 80 euro, che abbiamo salutato con interesse, se restano l'unica politica del governo per contrastare la crisi, non avranno efficacia”.
“Oggi sottolinea il segretario della Cgil hanno scioperato i lavoratori delle Acciaierie Speciali Terni, in difesa del loro posto di lavoro, contro le decisioni della ThyssenKrupp di ridurre i volumi produttivi e per chiedere al governo un piano siderurgico nazionale che dia finalmente a questo settore industriale, strategico per il Paese, le condizioni necessarie per svilupparsi, garantire l'occupazione e lo sviluppo dell'insieme dell'industria italiana”.
“Ma non c'è solo Terni - prosegue Camusso - e il settore siderurgico con l'Ilva e Piombino, a risentire dell'inerzia e della sottovalutazione della crisi industriale, della deindustrializzazione, della quotidiana spoliazione del capitale umano, tecnologico e manifatturiero, che sta compiendo il governo Renzi. Non passa giorno senza assistere alla chiusura di aziende grandi e piccole, che la nostra tecnologia e la nostra capacità di innovazione e produttiva venga acquisita e trasferita all'estero, lasciando nel nostro Paese fabbriche chiuse e lavoratori licenziati. Nelle stesse aziende a controllo pubblico, come l'Eni, si scelgono strade di deindustrializzazione invece che di investimento, espansione e internalizzazione: ultimo caso quello della raffineria di Gela. E nel settore metalmeccanico, in quello tessile, delle costruzioni, della chimica, non passa giorno che il sindacato si debba confrontare con la dura realtà di chiusure e la messa in libertà di lavoratori, senza per altro poter garantire gli strumenti che fino ad oggi hanno attutito l'impatto della più grande crisi economica dal dopoguerra. Infatti, ancora mancano le risorse necessarie alla copertura degli ammortizzatori sociali e il governo si limita a denunciare la situazione, quasi che fossero altri a dover provvedere”.
“E' una situazione diventata insostenibile che non può più continuare” conclude Camusso.