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Il tema del Fiscal compact "evidentemente non appassiona il dibattito politico del nostro Paese: al contrario è essenziale perché riguarda non solo lo sviluppo economico, ma anche la democrazia". Lo afferma il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, concludendo l'iniziativa dal titolo "Fiscal Compact vs sviluppo e coesione", che si è svolta oggi (15 novembre) in corso d'Italia.
"La riduzione degli spazi di democrazia – riflette il segretario – ha effetti devastanti sul mondo del lavoro: più il centro decisionale è lontano dalla questione sociale, più la ricaduta è grave sulle condizioni delle persone. Basti pensare che in questi anni undici milioni di persone non si curano più: è una situazione figlia della scelta dei tagli. Da un lato ci sono le manovre di bilancio dei governi, dall'altro c'è l'obbligo di rientro nei patti di stabilità delle singole regioni: il combinato di questi fattori ha peggiorato molto la sanità nel nostro Paese". Per questo "sta prendendo piede l'investimento nel sistema assicurativo, ovvero nella costruzione di un mercato sanitario che non ha come scopo la cura delle persone, ma la costruzione di profitto".
In generale, per Camusso "una modalità tutta tecnocratica di discussione sulle regole di bilancio non va bene", perché il risultato è che "i forti difendono se stessi aumentando i divari progressivi. Così tornano tutte le forme di nazionalismo immaginabili: una deriva che non riguarda solo i Paesi forti, ma anche tutti gli altri, basti guardare a ciò che avviene nell'Europa dell'Est".
È invece essenziale che il Paese discuta delle scadenze che ha davanti, per il leader di corso d'Italia: "Il nodo del Fiscal compact va sciolto entro fine anno – spiega –, perché il calendario è inesorabile. La Cgil è per estromettere il fiscal compact, non per introdurlo nei trattati, convince poco l'ipotesi della direttiva perché c'è rischio che il Parlamento la ratifichi senza riflessione critica. Noi diciamo che il fiscal compact non deve far parte dei trattati, ma per raggiungere l'obiettivo occorre una significativa politica di alleanza: un Paese da solo non può intervenire, servono più Paesi che devono mettersi insieme. Oggi non ci sono ed è questo il limite odierno".
Poi il passaggio sul mondo del lavoro. "Anche il lavoro sta diventando una politica di competizione sleale: si creano politiche di dumping tra Stati che hanno la stessa moneta, così avviene una forma di competizione. Questo determina per tutti un ribasso delle condizioni di lavoro. I lavoratori in Germania restano in condizioni migliori rispetto all'Italia, naturalmente, ma la tendenza a ridurre la quota di distribuzione di reddito destinata al lavoro vale per tutti gli Stati".
Camusso quindi aggiunge: "Quando si parla di politiche europee si parla di fisco, banche, finanza, ma non compaiono mai le ragioni sociali. Va costruita una nuova soluzione che crei una condizione di vantaggio per tutti i Paesi: bisogna smettere di alimentare le iniquità che oggi ci sono". La confederazione europea dei sindacati "ha costruito una sua ipotesi, ma occorre agire anche in Italia, costruire alleanze con le istituzioni e la politica. Se non si apre una vera discussione, il destino è già segnato, si andrà verso l'ineluttabilità dei processi. Dobbiamo prenderci la responsabilità di essere i soggetti che aprono questa discussione", ha concluso.