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È stato presentato oggi (4 febbraio) a Roma, nella sede della Cgil nazionale, il 17° Rapporto sui Diritti Globali Cambiare il sistema, curato dall’Associazione società informazione Onlus, e promosso dalla Cgil nazionale con l’adesione delle maggiori associazioni italiane impegnate sui temi dei diritti. Il volume è pubblicato da Ediesse con la prefazione del segretario generale del sindacato di Corso d’Italia, Maurizio Landini. Il tema centrale di quest’anno è il diritto al futuro che milioni di giovani – ma non solo loro – stanno reclamando nelle piazze di tutto il mondo. La questione climatica e ambientale attraversa tutti i capitoli di questo nuovo dossier. Come scrive Landini nella prefazione, il 2019 “verrà ricordato come l’anno in cui una gran parte del mondo ha dovuto prendere coscienza della necessità di cambiare i parametri valoriali che sono alla base dello sviluppo capitalistico” e “cambiare si deve, quindi, a partire dai sistemi di produzione, di consumo, di sfruttamento delle risorse materiali e umane”.
Alla presentazione sono intervenuti Sergio Segio, curatore del rapporto e direttore di Associazione società informazione, Marco De Ponte, segretario generale di Action Aid, Mariano Bottaccio, del Cnca, Federica Brioschi, dell’associazione Antigone, Gianni Tognoni, segretario generale del Tribunale permanente dei popoli, Gabriele Polo, responsabile comunicazione Cgil, e Ivana Galli, segretaria confederale Cgil.
Segio ha fatto notare come per la prima volta il titolo non sia descrittivo ma esortativo, spiegando che “siamo giunti a tante e intrecciate problematiche che stanno venendo al pettine e che la questione ambientale è diventata dirimente, oltre che in fase di precipitazione. Cambiare il sistema – ha detto – vuol dire modificare radicalmente il modo di produrre e consumare, il modello di sviluppo: se non lo si fa, la catastrofe è alle porte”. Ancora, nell’illustrare il volume, Segio ha sottolineato che “tutti i dati sociali, ambientali, economici, quelli dei diritti globali, dei migranti, il diritto di fuggire dalle guerre sono arrivati a un livello insopportabile. Uno degli aspetti evidenziati, oltre alla drammatica emergenza ambientale, è quello che nelle piazze di tutto il mondo i giovani, con i movimenti radicali ambientalisti, hanno iniziato a rivendicare il futuro e sono in atto anche le proteste sociali in ogni continente. Tutto questo ci dice che la situazione è drammatica, ma che comincia a esserci anche una maggiore consapevolezza dei problemi e dei diritti. In questo quadro negativo è un dato che sottolineiamo con speranza. Per poter cambiare la società e un sistema distruttivo e mortifero serve una grande alleanza sociale, maggiore solidarietà a ogni livello, perché questa volta o si vince o si perde”.
Mariano Bottacci, dal canto suo e come rappresentante del Coordinamento delle comunità d’accoglienza, ha voluto insistere sul bisogno di cambiare il sistema contestualmente alle “nostre vite”, ai nostri consumi, per procedere in un’ottica che dia origine a un “incrocio virtuoso tra sociale, ambiente ed economia”. Focus sulla vita delle carceri da parte di Federica Brioschi: la situazione, rispetto al precedente Rapporto, non è sostanzialmente cambiata. “Su 78 istituti penitenziari – fa sapere la rappresentante di Antigone – un quarto mette a disposizione di ogni carcerato meno di 3 metri quadrati (quindi al di sotto di quanto le norme prevedono), la metà non ha acqua calda, sei edifici non prevedono bagni separati dal luogo in cui si dorme e si mangia e solamente il 27% dei detenuti con disagio psichico sono sottoposti a terapie, che, oltretutto, sono spesso solamente farmacologiche”. Se Marco Da Ponte ha puntato il dito sulla relazione tra il rispetto dei diritti e “la qualità della democrazia”, Gianni Tognoni ha lanciato il tema dell’inclusione “del salario vitale” tra i diritti umani e dell’urgenza di “includere tutti i soggetti che ad oggi non sono rappresentati”, gli esclusi.
L’intervento di chiusura è stato affidato a Ivana Galli, la quale, dopo avere dichiarato che nel ventunesimo secolo esistono ancora lavoratori ridotti letteralmente in schiavitù – da lei denunciati nel precedente ruolo di segretaria generale della Flai Cgil con segni di catene ai polsi e frustate sulla schiena –, ha concluso sottolineando che è comunque “possibile sostenere il cambiamento con grandi movimenti” che “contrastino le grandi lobby delle multinazionali, mettendo in campo modelli di sviluppo che abbiano al centro l’occupazione e la sua qualità”.