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"Continua lo stillicidio di annunci di aziende di call center intenzionate a chiudere e a delocalizzare". Lo denunciano in una nota congiunta i segretari nazionali dei sindacati di categoria Michele Azzola (Slc Cgil), Giorgio Serao (Fistel Cisl) e Salvo Ugliarolo (Uilcom Uil), annunciando un primo presidio sotto la sede del ministero dello Sviluppo il prossimo 18 luglio, con l'intenzione di valutare a settembre se attivare sit-in permanenti e proclamare un’ulteriore giornata di mobilitazione nazionale, mentre i territori avvieranno confronti con le istituzioni locali per sollecitare un intervento sull'esecutivo.
Tra le situazioni di crisi, i sindacati ricordano British Telecom, che toglie l’attività ad Accenture lasciando 280 persone senza lavoro a Palermo, la crisi di Infocontact con 1.500 lavoratori a rischio in Calabria e i 200 lavoratori di Voice Care che a Ivrea hanno perso la commessa di Seat Pagine Gialle. Fino alle notizie di ieri, l’annunciata chiusura della sede di Teleperformance a Taranto con 1.500 lavoratori coinvolti, e la volontà di delocalizzare 4you a Palermo con altri 400 lavoratori che perderanno il posto. A fronte di queste crisi aziendali le tre sigle chiedono al governo di rispettare gli impegni assunti in occasione dell’incontro svoltosi al dicastero dello Sviluppo il 27 maggio scorso e di riconvocare il tavolo di crisi per avanzare proposte risolutive.
"E’ inaccettabile – rilancia Giorgio Serao per la Fistel) – che ci siano aziende che prive di qualsiasi forma di responsabilità sociale, dopo aver ricevuto tanto dai territori in cui sono cresciute, possano pensare di ricattare istituzioni e i lavoratori. Tutto questo è la dimostrazione che in assenza di regole il mercato cresce non favorendo gli imprenditori migliori ma quelli più spregiudicati. Il governo non può ritardare ulteriormente un intervento".
"Paradossale – continua Salvo Ugliarolo, segretario Uilcom – è scoprire che non solo lo Stato non chiede il rispetto di leggi esistenti in tema di delocalizzazioni di attività di call center ma che l’Ilo, agenzia del lavoro dell’Onu, abbia un programma finanziato con fondi dell’Unione europea finalizzato ad agevolare le delocalizzazioni di call center dall’Italia all’Albania per quelle imprese che vogliano abbassare il costo del lavoro. Il progetto - continua il sindacalista - ha visto un boom di delocalizzazioni dall’Italia mentre gli altri Paesi europei cercano di trattenere e riportare in patria il lavoro con tutti gli strumenti necessari".
"In questo modo – ricorda Michele Azzola della Slc Cgil – non abbiamo recepito correttamente una direttiva europea del 2001 che tutela i diritti e l’occupazione dei lavoratori, mancato recepimento che è alla causa delle gravi crisi che investono il settore, mentre l’Europa finanzia progetti che spostano il lavoro dall’Italia verso altri Paesi. Ci chiediamo, conclude il sindacalista, se il silenzio del Presidente del Consiglio su tale situazione stia a significare che è consapevole e condivide quanto sta accadendo. Le migliaia di lavoratrici e lavoratori del settore non staranno in silenzio mentre l’ignavia di chi dovrebbe intervenire toglie loro ogni speranza. Dopo l’altissima adesione allo sciopero e la partecipata manifestazione nazionale dello scorso 4 giungo rilanceremo con nuove iniziative di mobilitazione e lotta sia sui territori sia a livello nazionale. Tutti devono sapere che questa vertenza andrà avanti sino a quando non saranno riconosciuti ai lavoratori i diritti previsti dalla legislazione europea e si dia piena applicazione alla legislazione italiana in tema di delocalizzazione delle attività perché, come hanno dichiarato i giovani industriali recentemente, se chi delocalizza in questo momento tradisce l’Italia, farlo con i soldi europei è un vera e propria pugnalata".