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“I quasi 800 licenziamenti annunciati dal call center Teleperformance, non sono un caso: sono il frutto di regole sbagliate. Gli incentivi statali alle aziende di call center drogano il mercato in un settore delicato. Quei licenziamenti sono gravi e inaccettabili” lo dichiara Michele Azzola, segretario nazionale di Slc Cgil mentre i segretari generali dei tre sindacati di categoria Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil hanno inviato oggi ai ministri Fornero e Passera una lettera ufficiale chiedendo un incontro urgente sullo stato di crisi nel settore.
“I tagli attuali del personale in numerose società quali Teleperformance, Almaviva, 4you, Energit sono soltanto un assaggio delle altre crisi che si moltiplicheranno inevitabilmente, coinvolgendo decine di migliaia di lavoratori – spiega Azzola –. Questi licenziamenti coinvolgono lavoratori giovani, con percentuali di presenza femminile oltre il 70%, che non sono stati ‘choosyì ma dopo essersi laureati hanno accettato di operare nei call center perché sono tra le poche attività che hanno creato occupazione, soprattutto al Sud, negli ultimi anni.”
“Le crisi in corso non sono frutto del venir meno del lavoro – prosegue il sindacalista - ma delle leggi vigenti che drogano il mercato attraverso incentivi che determinano la precarizzazione dei rapporti di lavoro. Attraverso il ricorso agli sgravi previsti dalla legge 407/90, ai Fse e a contributi regionali, sono creati sempre ‘nuovi’ posti di lavoro a basso costo, oltre il 30% in meno, che mettono fuori mercato i call center nelle regioni in cui gli incentivi sono terminati”.
“L’effetto domino che si determina è che i committenti, cambiando appalto ogni tre anni, riescono a usufruire degli sgravi in maniera permanente ottenendo tariffe che sono inferiori al costo del lavoro determinato dal contratto, mentre i call center che escono dai benefici degli sgravi perdono le commesse e licenziano il personale. Nei fatti, lo Stato diventa il principale responsabile della perdita di lavoro di questi giovani con il paradosso che, attraverso le tasse dei cittadini, si continua a finanziare incentivi e casse integrazioni/indennità di mobilità senza creare neanche un nuovo posto di lavoro ma semplicemente spostando lo stesso su diversi territori”.
“Per queste ragioni – conclude Azzola – i sindacati hanno chiesto di inserire una norma, la clausola sociale, che vincola, in caso di cambio di appalto, a utilizzare il personale già impiegato su quelle attività. Norma ampiamente utilizzata nei Paesi Europei e denominata Tube. La reazione dei committenti/clienti è stata ovviamente di totale chiusura perché verrebbe meno il ricorso agli incentivi che garantiscono un costo del lavoro inferiore a quello previsto dal contratto”.