“Grazie alla dignità e al coraggio del marito di Paola un velo è stato squarciato. Sulla bracciante di San Giorgio Ionico deceduta ad Andria è il momento che chi di competenza faccia i passi affinché i suoi cari e l’opinione pubblica sappiano tutta la verità, e che da questa si parta per fare giustizia”. E’ quanto afferma il segretario generale della Flai Cgil di Puglia, Giuseppe Deleonardis, dopo le parole rilasciate al quotidiano la Repubblica dal marito di Paola Clemente, la 49enne deceduta mentre lavorava in un vigneto.

“In primis vanno accertate le cause della morte. La dinamica dei fatti è sospetta, c’è stata troppa fretta e superficialità. Le richieste della famiglia di Paola sono le richieste della Flai, e per questa ragione abbiamo voluto un pool di legali affinché segua l’evolversi della vicenda e in caso di processo ci costituiremo parte civile. Non si può lavorare e morire per due euro l’ora nei campi”. Così come, chiede la Flai, “deve attivarsi il Ministero del Lavoro per capire il ruolo svolto dall’agenzia interinale, e in caso di accertamento di abusi arrivare al ritiro della licenza. Da quel che ci risulta c’è un modus operandi che porta a interagire con i caporali e le imprese che ricorrono a ogni strumento per abbassare i salari. Tutto questo è inaccettabile”.

Infine, l’appello di Deleonardis è rivolto ai lavoratori: “Il ricatto di un reddito a qualunque costo, in special modo in questa lunga fase recessiva, si dispiega in tutta la sua forza. Ma ai lavoratori dico che oltre alle lotte per una legislazione sul contrasto al nero, per le incentivazioni alle imprese che assumono regolarmente, oltre agli strumenti penali contro il caporalato, è arrivato il momento di dire basta e denunciare in prima persona, assieme al sindacato, le condizioni insostenibile per paga e sicurezza in cui si lavora nelle campagne pugliesi. Serve una vera rivolta, un protagonismo sociale che smuova tutta l’opinione pubblica. Stando uniti, rivendicando con forza il rispetto delle leggi e dei contratti, è possibile spezzare questo meccanismo perverso. Ma non deve esserci alcun alibi per le forze dell’ordine e gli organismi ispettivi: cosa altro dobbiamo attendere, dopo le morti, affinché si decida di passare seriamente all’azione di controllo e repressione, con pene e sanzioni certe per chi viola i contratti?”.