“Per me, il suo è un appello disperato: ‘lavoro, lavoro, lavoro’, ripetuto tre volte. Si deve ricominciare a dare senso al lavoro come luogo ove ritessere il ‘noi’ della solidarietà, al lavoro come ‘racconto di sé’. Anche gli eventuali tenui segnali di ripresa a poco servono, se non si portano appresso il ricupero del lavoro”. Avvenire interroga sulla prolusione di Bagnasco il sociologo Aldo Bonomi, che del discorso del presidente della Cei apprezza il realismo: “Cambiamento epocale: sono d'accordo con la scelta lessicale anche se rincarerei la dose. Più radicalmente, proporrei l'espressione dell'antropologo Ernesto De Martino: questa è un'‘apocalisse culturale’, da intendere positivamente anche nel suo valore di rinascita”. E si deve parlare di apocalisse culturale quando non ci riconosciamo più in ciò che ci era abituale. In questo caso “nell'individualismo proprietario di chi imposta l'esistenza su questi due fondamenti: possiedo dunque sono, consumo dunque sono”. Quali sono – gli chiedono – gli elementi del discorso di Bagnasco sui quali costruire un incontro tra cattolici e laici? “Uno soprattutto – risponde Bonomi –: la consapevolezza che la crisi distrugge il capitale sociale, le reti di solidarietà. Voi chiamatela pure comunità ...”.
Bonomi, la ripresa serve a poco senza il lavoro
22 maggio 2012 • 00:00