Con l’utilizzo di lame affilate, come quelle della retorica classica, della teoria dell’argomentazione, dell’estetica, ne Il comico della politica Michele Prospero prova a tagliare una materia rude, quale il linguaggio politico di Berlusconi, estranea alle forme alte del discorso e protesa al registro basso e popolare. La categoria del comico, per l’autore, racchiude lo stile politico di Berlusconi che, facendo ricorso al motto di spirito (con barzellette, colpi di scena improvvisi, doppi sensi volgari), nasconde dietro l’improvvisazione un preciso scopo: la dissacrazione del politico. La comicità diventa dunque il linguaggio prediletto del populista e serve ad esso per togliere ogni legittimità alle istituzioni politiche e ai suoi attori. Una strategia con la quale Berlusconi legittima se stesso delegittimando i luoghi e i simboli della politica. Il comico della politica si muove come un intrattenitore che mira  divertire il suo pubblico fatto di spettatori distratti. I suoi comizi sono dei veri spettacoli nei quali il Cavaliere è l’ospite atteso, la star che si concede ai fans. E nel contesto comunicativo l’argomentazione viene svuotata di ogni contenuto logico, di ogni appiglio razionale, diventa non senso. I fiumi di parole che Berlusconi versa al suo pubblico si muovono solo lungo la sfera del sentimentale, dell’enfatico, dell’emozionale.

Al discorso politico organizzato per argomenti “egli contrappone la leggera follia di un capo che impone una volontà di illusione, di gioco, di non verità”. Ma non c’è solo l’irrazionale nella comunicazione di Berlusconi. Dietro la maschera del comico si nascondono in realtà interessi materiali concreti. Questa è la tesi principale del volume che più volte pone l’attenzione sulla vasta coalizione sociale che sostiene il Cavaliere. Egli, infatti, non dimentica mai di indicare i suoi interessi reali. La rivolta contro il fisco, il disprezzo per il pubblico impiego, la concezione minima dello Stato, sono i valori tramite i quali il “pubblico del nichilismo politico” si riconosce nel suo capo. La chiave del successo non risiede nel magico della comunicazione ma nella capacità di individuare gli interessi economici di un blocco sociale e di difenderli ogni qual volta se ne offre l’occasione. Per questa ragione inefficace è la risposta della sinistra la quale, puntando sull’immaginario e sulla comunicazione, ha smarrito i suoi interessi sociali di riferimento, rinunciando persino al conflitto.

E invece, per Prospero, “occorre costruire un altro campo di forze sociali in grado di disgregare, nella effettualità della contesa politica, l’immaginario insidioso del populismo”. Il comico della politica, con il suo linguaggio intriso di aziendalismo e misticismo, sintetizza inoltre il potere patrimoniale e quello carismatico, elementi che svelano il declino della post democrazia e che, a loro volta, riproducono meccanismi di identificazione, specialmente nei pubblici periferici che regrediscono nell’infantile attrazione dello scintillare del denaro, delle luci della televisione, delle veline, dei successi calcistici. Il libro di Michele Prospero non è solo un testo sulla comunicazione politica, ma ci consegna anche una lucida analisi sociologica dell’Italia contemporanea. Nonostante la sua dichiarata “militanza”, le pagine procedono con rigore scientifico, senza le faziosità gratuite di un generico antiberlusconismo. Le tesi sostenute sono sempre supportate da dati, grazie anche al realismo con il quale vengono letti i mutamenti in corso. Un testo sicuramente indispensabile per gli addetti ai lavori, ma utile anche a quanti faticano a trovare spiegazioni ad un fenomeno storico che, dietro l’effimero della comunicazione, cela un profondo radicamento nella società italiana.

Il comico della politica
Michele Prospero
ROMA, EDIESSE, 2010
pp. 280, euro 15,00