PHOTO
BARI - Li hanno definiti bamboccioni, choosy, sfigati, inoccupabili. Ma chi conosce davvero la loro condizione? E soprattutto, quali sono le proposte concrete per migliorarla? La Cgil di Bari chiama a raccolta il mondo dell’associazionismo, i giovani della città, gli imprenditori, l’Università, il Politecnico, gli istituti di credito e, non da ultimo, tutte le istituzioni, per dare vita a un laboratorio dedicato ai giovani e al lavoro. Un luogo che avrà una sede decisa insieme ai soggetti coinvolti, protagonisti della campagna “Bari è dispari!” ideata dalla Camera del lavoro. “È necessario mobilitarci, aprire un grande dibattito pubblico tra tutti gli attori del territorio, costruire insieme proposte che diventino soluzioni”. A spiegarlo è Gigia Bucci, 34 anni, ex precaria del call center, da pochi mesi alla guida della Cgil barese: “Il territorio della nostra città metropolitana – spiega la giovane sindacalista – è caratterizzato ancora da poche opportunità e troppe diseguaglianze; da qui il titolo della nostra campagna sulla disparità. L'obiettivo? Realizzare un matching, ovvero un incrocio continuo tra domanda e offerta, partendo dalla valutazione delle esigenze del mercato del lavoro per creare nuove opportunità e ridurre le disuguaglianze”.
Che il mondo del lavoro pulluli di stage e tirocini per lo più non retribuiti, di contratti a chiamata, di voucher, non è certo una novità. I salari non rispecchiano il costo della vita attuale: si lavora per 24, 30, 38 ore settimanali e si percepisce uno stipendio con il quale non si riesce a essere autonomi. E si è fortunati ad averlo, lo stipendio. In caso contrario, i più coraggiosi fanno causa al datore di lavoro nella speranza di vincerla, magari dopo anni di attesa. “Se penso alla mia generazione – osserva ancora Bucci – mi vengono in mente solo tanti lavori. Ma precari. Giornate scandite da turni di lavoro da incastrare faticosamente e nel tempo libero trovare qualcos’altro da fare per mettere insieme uno stipendio dignitoso che consenta a noi giovani di pagare l’affitto, le bollette, l’assicurazione dell’auto e non da ultimo fare la spesa. E pensare che in Italia abbiamo il più giovane presidente del Consiglio, poco più che trentenne che ha fatto irruzione con il tema della rottamazione aprendo di fatto uno scontro tra classi dirigenti vecchie e nuove per poi praticare una politica di riforme mirata a svilire definitivamente la condizione giovanile, facendo diventare il tasso di disoccupazione dei ventenni il più elevato nella storia della Repubblica”. Dinanzi a questo scenario il sindacato ha solo una strada: parlare a tutte e a tutti, mettendo al centro il modello che vogliamo costruire a partire dal Lavoro. Per questo la Cgil ha elaborato a livello nazionale un piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile in grado di creare 1,6 milioni di posti di lavoro in tutto il paese nel giro di un triennio. E su questa scia si inserisce il progetto della Camera del lavoro pugliese.
“Oggi si sceglie di essere genitori, non solo madri. Ma pur sembrando crudele, i giovani di oggi prima di diventare genitori pensano al lavoro”, prosegue Bucci. “Perché senza lavoro non ci si può permettere la baby sitter, l’iscrizione al nido, e tutte le cure di cui un figlio necessita. Non è certo un bonus che ti fa genitore. Questo a conferma del fatto che è dal Lavoro che bisogna ripartire tanto per i giovani quanto per i pensionati. Sono due facce della stessa medaglia, complementari tra loro per la crescita e lo sviluppo dell’intero Paese”. Dalla denuncia puntuale e accurata, la Cgil passa ai fatti e scende in campo con proposte concrete, stilando un elenco di priorità a partire dalla creazione di strumenti reali per creare occupazione stabile. Va bene la politica degli incentivi in una fase di emergenza, ma una volta finiti, le imprese hanno smesso di assumere o ancora peggio hanno licenziato e prova ne è il Jobs Act”.
Un ruolo chiave può essere giocato dalla formazione offerta da Politecnico e Università con percorsi formativi che rispondano al tema dell’impresa e anche alla vocazione del territorio. E qui l’innovazione gioca un ruolo fondamentale. “Riflettendo sul perché gli studenti emigrano – sottolinea Bucci – emerge chiaro che il prestigio di un ateneo è dato dalla politica dei servizi che l’università offre. E in questo contesto le banche non possono continuare a essere miopi non dando accesso al credito. Devono adattare strumenti creditizi e finanziari alle nuove forme di lavoro. Servono strumenti di fiscalità rivolti ai giovani e non solo alle imprese nella misura in cui creano occupazione e la mantengono. Faccio un esempio concreto: dare la possibilità a un lavoratore di scaricare fiscalmente i 200 euro al mese che spende per l’abbonamento per il trasporto. Allo stesso modo, uno studente deve poter scaricare l’affitto di casa dato che è un fuori sede e ha necessità di essere supportato. Se vogliamo risolvere tali disparità, di reddito, di diritti, di possibilità, serve mettersi tutte e tutti in gioco. Facciamolo insieme”.