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Fabrizio Solari, segretario confederale Cgil, è intervenuto a conclusione della giornata seminariale di riflessione sui temi dell'agenda digitale, della banda larga e dell'innovazione delle reti in Italia e in Europa, organizzata stamattina dalla confederazione a Roma, presso la sede nazionale di Corso Italia, trasmessa in diretta da RadioArticolo1. Qui il podcast.
"Parlare di banda larga, oggi – ha esordito il dirigente sindacale –, è un pretesto per parlare del nostro futuro. Da almeno un paio di decenni, la strada intrapresa dal nostro Paese non porta da nessuna parte, punta solo alla sussistenza, al giorno per giorno, e volta le spalle all'innovazione. Per fortuna, abbiamo ancora un 25% di imprese che continuano a fare utili, a investire e ad assumere. Ma c'è una percentuale analoga di datori di lavoro che sono già morti e non lo sanno. Ora, quel che più ci preoccupa è la zona grigia, corrispondente alla metà abbondante della capacità produttiva del Paese, materiale e immateriale, che può cadere di qua o al di là del crinale che si è formato nel corso del tempo: se cadrà dalla parte sbagliata, l'Italia non darà un futuro a milioni di giovani. Perciò, è necessario un intervento pubblico, a sostegno delle scelte del Paese".
"Pensiamo agli anni '60 – ha continuato l'esponente della Cgil –, quando la grande fase dello sviluppo fu figlia del grande sforzo di investimenti infrastrutturali delle partecipazioni statali, dai trasporti alle telecomunicazioni, alla finanza, all'energia, che stimolò anche l'iniziativa privata e consentì di arrivare al boom economico, con una crescita reale non con lo zero virgola, ma che cambiò la vita delle persone. Il secondo periodo di relativa crescita è figlio della spesa pubblica, a sostegno dei consumi negli anni '80, dove il deficit pubblico schizzò dal 60 al 100%. Si tratta di due modi d'intervento: il primo, ha costruito le premesse per far diventare il nostro Paese la quinta potenza industriale nel mondo; il secondo, ha ipotecato il futuro dei nostri figli. Oggi abbiamo il dovere di riprovarci, di ripartire dalla fase dello sviluppo che oltre cinquant'anni fa ci fece rapidamente progredire. Dobbiamo puntare sulla fibra, ma se non ci sono i contenuti, cioè le infrastrutture adeguate, non serve a nulla. Al di là di tutte le considerazioni che si possono fare sulla privatizzazione in Italia del settore delle tlc, fatta utilizzando i soldi a credito e poi caricando su quell'impresa il prestito ottenuto, dobbiamo pensare a come agire. Sento parlare di nuova stagione delle privatizzazioni, ma se ci mettono i soldi le banche, qualche imprenditore italiano può immaginare di fare investimenti, altrimenti si continuerà sulla stessa falsariga, con aziende italiane di primo piano e tecnologie importanti acquisite da aziende straniere".
"La banda larga è l'occasione di sviluppo per invertire l'attuale trend – ha rilevato ancora Solari – e per impossessarci di nuovo del nostro destino, dando una prospettiva a quel 50% di attività economica che è la zona grigia del Paese. Per farlo, però, dobbiamo fare in modo che la classe dirigente superi la crisi, e che la piccola imprenditoria diffusa, fatta di eccellenze, riesca con le proprie gambe a passare nella nuova era digitale. E chi deve guidare questo salto di qualità non è tanto il governo, che ha ovviamente responsabilità primarie, ma l'impresa, il sindacato, il mondo della cultura. Per quanto riguarda l'innovazione delle grandi reti, poi, tutti si interrogano sul rapporto fra domanda e offerta. Ad esempio, molti dicono perchè ammodernare la ferrovia Pontremolese, che ha più di 150 anni e collega La Spezia e Parma? È inutile farlo, rispondono in tanti, in quanto non c'è domanda che giustifichi un investimento su quella linea. Certo, se ci vogliono tre ore per un tragitto di 100 chilometri, chi lo prende un treno così? Però, quando abbiamo costruito l'Alta velocità, che permette di arrivare da Roma a Firenze in un'ora e mezzo e a Milano in tre ore, la domanda su quella tratta è lievitata e oggi vince la concorrenza con l'aereo. Dunque, l'analisi della domanda è fondamentale, ma lo è altrettanto la qualità dell'offerta, che finisce per condizionare la domanda stessa. Su questo fronte, il governo ha a disposizione almeno sette miliardi potenziali sul tavolo, vediamo di non sprecarli".
"Altro argomento, la riforma della pubblica amministrazione: com'è possibile immaginarla, s enon partendo dalla digitalizzazione di tutto l'apparato pubblico? Sarebbe una rivoluzione, come avviene già in altri paesi. Non solo migliorerebbe la qualità della vita delle persone, non più costrette a fare le file negli uffici, ma operando da casa dietro un computer, con benefici effetti anche per la scuola, per l'e-commerce. Certo, in un Paese dove le Ferrovie dismettono il trasporto merci e le Poste, anzichè fare l'operatore logistico come in tutto il resto del mondo, fanno al contrario concorrenza alle banche, è evidente che si crea qualche buco, che oggi va colmato assolutamente. Come sindacato, noi non ci iscriviamo al partito della conservazione, ma ci battiamo per un'innovazione governata, che abbia degli obiettivi precisi da perseguire. Non c'è dubbio, che a un primo impatto, l'innovazione può creare disoccupazione, rimandando poi a una crescita successiva. Io, che rappresento i lavoratori, non posso oppormi allo sviluppo, ma posso pretendere che si crei un raccordo tra quel che c'è prima e quel che c'è dopo: è formazione, o riqualificazione? Non lo so, però è questo che fa un sistema intelligente e che orienta lo sviluppo, permettendo di vincere e governare la sfida che abbiamo davanti a noi", ha concluso il dirigente confederale.