La Cgil dell’Umbria e la Federconsumatori dell’Umbria esprimono "sconcerto per il cosiddetto 'decreto salva-banche', che interviene sulle situazioni critiche di Banca Marche, Banca Etruria, Carife e CariChieti". "Intanto - si legge in una nota di sindacato e associazione - è inspiegabile, a meno di interpretazioni di carattere politico e di interessi poco chiari, perché si salvino solo queste quattro realtà sulle 15 in amministrazione controllata in Italia. In ogni caso - prosegue la nota - il nostro territorio è coinvolto pienamente, in particolare nell’area del Gualdese, dove l’istituto di credito locale è stato riassorbito in passato da Banca Etruria".

"Per questo denunciamo la gravità della mancata salvaguardia dei piccoli clienti che hanno fatto ricorso a obbligazioni subordinate - si legge ancora nel comunicato - in quanto spesso inconsapevoli dei rischi presenti nei prodotti, tanto più se emessi nell’ultimo periodo e quando collegati in maniera poco chiara e trasparente alla concessione di mutui. Inoltre, spesso gli stessi dipendenti di queste banche, erano spinti o addirittura costretti dalle condizioni presenti all’intero degli istituti a collocare prodotti finanziari a rischio".

Cgil e Federconsumatori dell'Umbria chiedono "un intervento celere" dei parlamentari umbri, della Regione, dei consiglieri regionali eletti sul territorio per sollecitare il governo nazionale a salvaguardare i risparmiatori, "che tra l’altro - sottolineano - sono concentrati in una delle aree di crisi maggiori per la nostra regione".

"Al tempo stesso - concludono Cgil e Federconsumatori - siamo convinti della necessità di un cambiamento di carattere culturale nell’approccio dei cittadini e dei risparmiatori verso gli istituti di credito, che vengono troppo spesso confusi con istituzioni o soggetti pubblici, quando sono meramente aziende private che guardano al proprio tornaconto e non agli interessi generali".

Sabato 5 dicembre alle ore 15.30 presso il teatro Don Bosco di Gualdo Tadino la Federconsumatori umbra ha organizzato un’assemblea pubblica, con la partecipazione della Cgil e invitando parlamentari, sindaci dei territori interessati e consiglieri regionali, per fare il punto con i cittadini coinvolti e chiedere la non ratifica del decreto in Parlamento.