“Sono particolarmente contento che la Cgil abbia rotto gli indugi e insieme a Cisl e Uil abbia proclamato una manifestazione per il prossimo 9 febbraio. Sono altresì preoccupato perché non sento dentro l'organizzazione ancora la voglia di farla, quella manifestazione. Non siamo ancora pronti perché ci siamo divisi sul giudizio che diamo del governo, perché c'è qualcuno che ha pensato di intravedere la possibilità di avere risposte sociali che non sono arrivate”. Esordisce così il segretario della Cgil di Roma e Lazio Michele Azzola nel suo intervento al congresso della Cgil. Le sue critiche sono rivolte a quota 100 e reddito di cittadinanza, provvedimenti “ingiusti perché non creano le condizioni di sviluppo di questo Paese”. Duro, dunque, il giudizio sull’esecutivo che “ha sviluppato una politica sovranista e razzista, tocca le paura delle persone: dividere il governo per singoli componenti, giudicando un ministro uno statista perché ha chiuso bene una vertenza, e solo la lega razzista, è sbagliato”.
Il suo discorso prosegue con il ragionamento su come la Cgil deve rivedere il suo rapporto con la politica: “Se è vero che dobbiamo essere autonomi, dobbiamo smetterla di pensare che siamo indifferenti dalla politica. A noi la politica serve e la Cgil deve diventare il centro di un organizzazione sociale di sinistra che promuova la rinascita di un partito di sinistra e abbia quei valori e ideali, che rimetta insieme quel sentire comune. Poi l'autonomia ce la prenderemo sul merito delle trattative”. Ma intanto, “una riflessione su quel che sta succedendo al mondo del lavoro la dobbiamo fare anche noi. Abbiamo sviluppato in questi anni un dumping contrattuale tra le categorie, tra i contratti di categoria diverse che ampliano il proprio bacino in perenne competizione. Non ci occupiamo più degli appalti, quando tutti diciamo che siamo confederali”. E per quanto riguarda il welfare continuiamo a firmare accordi che spostano risorse dal pubblico al privato”, come accade “con tutti gli accordi firmati sulla sanità integrativa che tolgono risorse pubbliche per indirizzarle al privato”.
Infine il passaggio sulle questioni interne. “Ho giudicato molto brutta la parte finale della relazione di Susanna Camusso – ha detto Azzola –. Susanna ha dato un giudizio sprezzante di un pezzo di questa organizzazione e ha promosso l'altra metà: non va bene Ha usato termini come ‘interessi personali’, non lo consento a nessuno. Siamo arrivati al congresso in questa condizione proprio perché Susanna doveva, poteva e può fare di meglio. Un segretario generale deve comprendere il malessere di un pezzo del gruppo dirigente così importante e rilevante, non si può accontentare di etichettarlo”, altrimenti “la retorica del ‘noi’ resta una retorica”. Nel suo duro giudizio, Azzola aggiunge che “un segretario generale ha il dovere di costruire le condizioni per cui tutto il gruppo dirigente si senta tranquillo sulla scelta del futuro gruppo e sul progetto pluralista che lo sostiene. Ma tutto questo non è stato fatto”. Dunque, ha concluso, “credo che Susanna abbia il dovere di provarci fino in fondo, smettendola di etichettare e dare giudizi su un pezzo così importante della sua organizzazione. Deve provare a vedere se ci sono le condizioni per condividere su un progetto che tenga unita la Cgil, perché è quello che ci chiedono tutti. E se non ce la fa, ha il dovere di far correre serenamente la competizione, perché non è un dramma: siamo così bravi e forti che abbiamo due validi dirigenti che si sfidano e che saranno, o l’uno o l’altro, due grandi segretari della Cgil”.