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È appesa a un filo la sorte dei 420 dipendenti della Honeywell di Atessa (Chieti), la multinazionale statunitense di turbocompressori e rotori per automobili che in febbraio ha deciso di chiudere in Italia per delocalizzare la produzione in Slovacchia e Romania, rimasti senza lavoro dal 5 marzo scorso. A Roma, presso la sede del ministero dello Sviluppo economico, si tiene oggi (lunedì 4 giugno) un incontro decisivo. Sul tavolo la reindustrializzazione dell’area (sarebbero due le aziende interessate a rilevare gli stabilimenti, che verrebbero concessi gratuitamente), ma soprattutto la questione della mancata concessione della cassa integrazione straordinaria.
Il ministero del Lavoro, infatti, il 23 maggio ha negato l’adozione della cigs, malgrado il 16 febbraio scorso sia stato firmato con il ministero dello Sviluppo economico e la Regione Abruzzo un accordo che, appunto, concedeva gli ammortizzatori sociali fino al febbraio 2019. Nell’ultimo incontro tra governo e sindacati del 28 maggio scorso (che ha anche visto una manifestazione dei lavoratori sotto la sede ministeriale), le parti hanno stilato un verbale nel quale, da un lato, chiedono all’azienda di prorogare di un ulteriore mese il termine ultimo per la procedura di licenziamento, che scadrebbe venerdì 8 giugno, dall’altro reiterano la richiesta di concessione degli ammortizzatori sociali al ministero del Lavoro.
“I lavoratori della Honeywell hanno diritto ad avere certezze sul lavoro e la reindustrializzazione” commentano Michele De Palma (segretario nazionale Fiom Cgil) e Davide Labbrozzi (segretario Fiom Chieti): “Non ci possono essere scuse o alibi, gli impegni si rispettano, il modo per farlo si cerca e si trova”. Per i due esponenti sindacali “ora è necessario accelerare nella reindustrializzazione, valutando le ipotesi già emerse e le realtà che si sono fatte avanti, al fine di tornare a produrre prima possibile in quello stabilimento, reimpiegando i lavoratori oggi fermi”.
De Palma e Labbrozzi stigmatizzano la bocciatura della cassa integrazione, rimarcando che “400 lavoratori si ritrovano senza alcun reddito, con il rischio di essere tutti licenziati. Se si permette alle aziende di delocalizzare e si fanno diventare carta straccia gli accordi per tutelarli significa che per i lavoratori non c'è alcun rispetto”. I due esponenti della Fiom Cgil, in conclusione, sottolineano che tutto questo “è l'effetto di leggi sbagliate come il Jobs Act, che ha scardinato il sistema di ammortizzatori sociali, e di leggi mai fatte che potrebbero impedire le facili delocalizzazioni di aziende per le quali l'unica voce che interessa è il profitto”.
Per il segretario nazionale della Uilm Uil Gianluca Ficco, la vertenza Honeywell “è tristemente esemplificativa dell'impotenza e della contraddittorietà delle istituzioni italiane, che prima non sono riuscite in nessun modo a scalfire la decisione della multinazionale di chiudere il sito abruzzese, e ora stanno perfino negando la cassa integrazione”. Ferdinando Ullano, della Fim Cisl nazionale, infine, rimarca che “il processo di reindustrializzazione e ricollocazione dei lavoratori deve essere confermato e accelerato” e che “le responsabilità dei diversi ministeri e dell'azienda non devono ricadere sui lavoratori”.