"La Cgil condanna con fermezza e sdegno l'assalto del commando, armato in tutto assetto di guerra, alla sede diplomatica statunitense a Bengasi, in Libia, che ha causato la morte dell'ambasciatore Usa, Chris Stevens, di altri tre agenti americani e di dieci agenti di sicurezza libici, ed esprime le più sentite condoglianze ai familiari delle vittime". Lo afferma il dipartimento Politiche globali del sindacato.

"Ancora una volta - si legge nella nota -, l'11 settembre è diventato tragica occasione per azioni terroristiche.
L'attentato di Bengasi appare come un episodio distinto dalla ondata di violenze contro le ambasciate Usa, che altrettanto condanniamo. In Libia, il processo di consolidamento democratico risente pesantemente della guerra civile e dell'intervento militare esterno dello scorso anno. Forze Quaediste e altre formazioni terroristiche e armate minacciano ancora quotidianmente il paese – così come le milizie e l'arsenale militare presenti nel paese hanno contagiato, nei mesi scorsi, paesi vicini – e l'attentato all'ambasciata Usa, certamente preparato da tempo, è caduto proprio alla vigilia della nomina del nuovo primo ministro, profittando di un clima di montante protesta antiamericana, alimentato dai fondamentalisti di tutte le parti".

Ma quanto sta tragicamente avvenendo in questi giorni nella regione, prosegue la Cgil, "se da un lato conferma come vi siano ovunque forze estremistiche che buttano benzina sul fuoco delle guerre 'di civiltà' e 'di religione', dall'altro impone di affrontare finalmente i gravi nodi irrisolti dei conflitti medioorientali. L'unica strada percorribile dalla comunità internazionale è l'azione politica tesa a disinnescare le cause dei conflitti nella regione: il riconoscimento dello stato di Palestina e il ritiro di Israele, dentro i confini fissati dalla linea verde; una conferenza di pace per la Siria che riunisca tutte le fazioni interne e i paesi confinanti che stanno, ognuno secondo i propri interessi, alimentando la guerra civile; il definitivo ritiro delle truppe straniere dall'Afgfhanistan e un processo di riconciliazione interne rispettoso dei diritti umani; un chiaro stop ad ogni intenzione di Israele di attaccare gli impianti nucleari iraniani e il blocco della minaccia nucleare iraniana nell'ambito di negoziati per una generale denuclearizzazione della regione".

"La via maestra, per i sindacati, la società civile, ma anche per i governi è quella del sostegno e della cooperazione ai movimenti pacifici delle primavere arabe: uomini e donne che rivendicano libertà, lavoro e dignità, esigendo da tutte le parti in causa, il rispetto delle libertà e dei diritti umani, a partire dalle libertà di espressione, le libertà di culto, di associazione e libere elezioni a suffragio universale. Condizioni, queste, per uscire dagli scenari di guerra, restituendo alle popolazioni ed ai loro legittimi rappresentanti politici il diritto e la responsabilità di scegliere, democraticamente, le proprie istituzioni e di rinnovarle o confermarle in base al loro operato".

"Il cambio di orizzonte della politica internazionale deve essere dato dal chiaro sostegno alla democrazia ed al rispetto del diritto internazionale, piuttosto che all'interesse delle singole potenze, allo sfruttamento delle risorse energetiche ed al mercato delle armi in mano ai governi dittatoriali della regione non meno che alle imprese e ai governi delle potenze occidentali".