Il governo torna all’attacco dell’articolo 18. Il disegno di legge 1441-quater-A, spiega Lorenzo Fassina (Consulta giuridica della Cgil) sul Manifesto, contiene norme in materia processuale del lavoro che, se approvate, “potranno segnare un clamoroso arretramento rispetto a quasi tutte le conquiste raggiunte dai lavoratori negli ultimi decenni”. L’operazione è quella di depotenziare il ruolo dei giudici nell’applicazione delle tutele previste dalle norme di legge, rendendo il giudice una sorta di “notaio”.

L’articolo 65 del ddl, spiega Fassina, prevede che il giudice, di fronte a concetti generali quali la “giusta causa” o il “giustificato motivo” di licenziamento, “non potrà entrare nel merito delle scelte operate dal datore, ma dovrà fermarsi alla sola verifica formale del provvedimento datoriale”. Per fare un esempio: alla base di un licenziamento per motivi economici, “sarà sufficiente dire che l’eliminazione di una postazione di lavoro, con lo spostamento del relativo carico sulle spalle dei lavoratori residui in pianta organica, rientra nelle ragioni inerenti all’attività produttiva, senza che rilevi più il parametro costituzionale del diritto al lavoro. Insomma, conterà sempre più la ragione padronale senza il doveroso bilanciamento con il diritto del lavoratore”.

Fassina, inoltre, rileva che il medesimo articolo prevede che il giudice debba “far riferimento alle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, ovvero nei contratti individuali di lavoro” certificati. Questo significa, riprende l’esponente della Consulta giuridica della Cgil, “che il giudice non dovrà più interpretare e applicare la legge alla luce della Costituzione, bensì le norme dei contratti collettivi e dei contratti individuali di lavoro certificati. Anche qui un esempio: un contratto collettivo o un contratto individuale certificato “potrebbero prevedere che per un solo giorno di assenza si è di fronte a una ‘giusta causa’ di licenziamento e il giudice non potrebbe discostarsi da questa previsione, ritenendo legittimo il licenziamento”. Un’innovazione dirompente, così la definisce Fassina, che avrà come conseguenza che “l’articolo 18 sarà difficilmente applicabile perché i licenziamenti saranno per lo più dichiarati legittimi”.

Articolo 18, conflitto a bassa intensità