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Tragedia del lavoro, questa mattina ad Arezzo, dove due impiegati dell'Archivio di Stato hanno perso la vita in seguito alla fuga di un gas inodore, l’argon. Le due vittime (Piero Bruni e Filippo Bagni) erano scese in un ripostiglio per un controllo, dopo che era scattato l’allarme antincendio nell’edificio. Un terzo impiegato è intossicato.
“Quando è scattato l'allarme – ricostruisce l’agenzia Adnkronos – i due impiegati sono scesi nel piccolo locale dove si trova la centralina dell'impianto per verificare l'accaduto. Nel locale sarebbe avvenuta la fuga del gas che avrebbe saturato l'ambiente provocando la morte di due impiegati, caduti a terra dopo aver perso conoscenza. I colleghi di lavoro, insospettiti dal mancato rientro in ufficio di Bruni e Bagni, sono andati a cercarli. Sarebbe stato il centralinista ad avvisare un altro collega che è sceso nel locale e ha trovato i due impiegati distesi sul pavimento privi di sensi. Il terzo impiegato – ricostruisce ancora l’agenzia – ha risentito anche lui degli effetti dell'argon, ma è riuscito ugualmente a chiamare i soccorsi. In breve tempo sono arrivati i vigili del fuoco e i sanitari del 118 che hanno praticato sul posto il massaggio cardiaco, ma non c'è stato nulla da fare e i due impiegati sono giunti morti in ospedale. Il terzo impiegato è stato trasportato al pronto soccorso per accertamenti”.
Le due vittime “si sono trovate in un ambiente saturo di argon rimanendo intossicate: il gas non provoca scoppi, ma brucia l'ossigeno”. Lo ha spiegato all’Ansa il dirigente dei vigili del fuoco di Arezzo Roberto Tommasini.
Immediata la reazione dei sindacati di categoria e territoriali, che stigmatizzano la gravità dell’episodio. La Fp Cgil nazionale “esprime tutta la propria vicinanza e solidarietà alle famiglie dei lavoratori morti sul lavoro nell’Archivio di Stato di Arezzo – si legge in un comunicato –. Quanto alle cause che hanno determinato questo gravissimo episodio e alle eventuali responsabilità aspettiamo gli accertamenti della magistratura, ma c’è un problema di sicurezza che ormai avvolge da troppo tempo i luoghi della cultura”.
Un problema di sicurezza, aggiunge la categoria della Cgil, “derivante dai mancati investimenti, dai tagli ai bilanci che hanno inciso sulle spese di manutenzione ordinaria e dall'insostenibile leggerezza con la quale si bypassano le misure di sicurezza in nome delle politiche di valorizzazione”. Come Fp Cgil, aggiunge, “abbiamo denunciato, inascoltati, gli effetti di politiche che hanno fortemente indebolito i cicli di tutela e manutenzione del nostro patrimonio culturale, non dobbiamo aspettare i morti sul lavoro perché questo tema diventi centrale nella coscienza collettiva”.
Per la Funzione pubblica Cgil “serve da subito un piano straordinario di messa in sicurezza del patrimonio, dei lavoratori e dei cittadini che ne fruiscono e serve una riflessione profonda sugli effetti di politiche che hanno inciso in maniera negativa anche sulla percezione collettiva, inducendo a pensare che le misure di tutela e conservazione fossero un freno alla valorizzazione dei nostri luoghi della cultura. Non è così e la vicenda drammatica e profondamente triste che ha colpito i lavoratori dei Beni culturali evidenzia un declino apparentemente inarrestabile che interessa il settore degli Archivi di Stato, fondamento della memoria storica del nostro paese, ma poco appetibile al mercato della valorizzazione”, conclude.
“È necessario agire e dare risposte concrete. Forse qualcuno si è assuefatto ai morti e agli incidenti sul lavoro, eventi che provocano reazione e cordoglio per lo spazio di alcuni giorni. Noi no”. Lo dicono in una nota le federazioni di categoria Funzione pubblica di Cgil Cisl e Uil di Arezzo. “Non solo non siamo assuefatti, non solo non siamo soddisfatti delle risposte che ci vengono dalle istituzioni, ma siamo assolutamente determinati a confermare la vita e la sicurezza nei luoghi di lavoro quale nostro fondamentale e prioritario impegno”, aggiungono. I sindacati sottolineano come con la tragedia di oggi “si è fatto un ulteriore passo verso il baratro. La conferma è che non sono a rischio solo i tradizionali settori manifatturieri, ma anche gli altri, quelli genericamente indicati come ‘dietro una scrivania’”.
Non più tardi di quindici giorni fa, ricorda la nota, avevano chiesto al prefetto la “riattivazione del tavolo sulla sicurezza nel lavoro”, una richiesta oggi confermata a tutte le istituzioni perché “la difesa della salute e della vita nei luoghi di lavoro sia assunta come priorità”: per i sindacati, che esprimono le loro condoglianze alle famiglie dei due dipendenti morti, la sicurezza non può essere una variabile “non dipendente da nulla e da nessuno, tanto meno da ragioni di profitto o di scarsità di risorse”.