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Dopo la sentenza del giudice di Taranto per la chiusure di Afo 2 Arcelor Mittal richiederà l'avvio di una procedura di cassa integrazione straordinaria per 3.500 lavoratori. Chiuderà l'Altoforno 2, tutta l'acciaieria numero 1, metà dell'acciaieria numero 2 e altri impianti minori. La cassa è comprensiva dei 1273 che l'azienda lo scorso 5 dicembre aveva dichiarato di voler mettere in cassa ordinaria per crisi di mercato per 13 settimane. Ed è motivata con la prossima fermata dell'altoforno, uno dei tre attualmente operativi nello stabilimento, dopo che il giudice Francesco Maccagnano ha rigettato ieri la richiesta con cui Ilva, proprietaria degli impianti, chiedeva più tempo rispetto alla scadenza del 13 dicembre per effettuare gli ulteriori lavori di sicurezza all'altoforno.
Alla notizia, è subito arrivato il no deciso di Fim, Fiom e Uilm di Taranto. È una nota unitaria dei sindacati a "rigettare" l'annuncio dell'avvio della procedura spiegando che domani al tavolo previsto con il Governo e Mittal "chiederanno con forza di fare chiarezza su una procedura di cigs che, di fatto, sostituirebbe l'attuale cigo per crisi congiunturale facendola diventare un problema di carattere strutturale". Per questo, dicono ancora, "è giunto il momento da parte del governo e di Ilva in amministrazione straordinaria, per ora unici proprietari dello stabilimento siderurgico, di fare chiarezza su futuro ambientale, occupazionale e industriale di un sito di interesse strategico per il Paese", si legge nella nota.
Nel vertice convocato alle 17 dal ministro Stefano Patuanelli, presente Ilva in as ma non Mittal, i sindacati chiederanno quindi risposte. Il vertice è stato indetto per offrire ai sindacati un punto di situazione circa la trattativa che il governo e Ilva stanno portando avanti con Mittal (oggi c'è stato un nuovo incontro). La cassa integrazione straordinaria, per i sindacati, rischia di configurare degli esuberi e già una settimana fa al Mise ArcelorMittal ha presentato un piano che prevede 4700 esuberi entro il 2023 di cui 2900 in una prima fase. Proprio questo piano di Mittal, respinto sia dai sindacati che dal governo, ha spinto quest'ultimo a scendere in campo attraverso un proprio piano industriale che tra l'altro prevede una partecipazione pubblica. Se la richiesta fatta oggi da Mittal dovesse andare in porto, Taranto avrebbe un numero complessivo di 5100 lavoratori in cassa integrazione straordinaria. Ai 3500 di Mittal vanno infatti sommati i 1600 in cassa straordinaria a zero ore e che sono rimasti dipendenti di Ilva in amministrazione straordinaria in quanto il nuovo gestore dell'acciaieria non ha voluto assumerli dal novembre 2018.
In base all'accordo al Mise di settembre 2018, coloro che sino al 2023, data di completamento dei piani industriale e ambientale, fossero ancora in cassa straordinaria con Ilva in as, dovrebbero ricevere una proposta di ricollocazione al lavoro da parte di ArcelorMittal. Ma è evidente che, con tutto quello che sta succedendo, tra annuncio di esuberi e ricorso alla cassa straordinaria, questa parte dell'accordo al Mise rischia di restare solo sulla carta.