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Franco Martini, segretario confederale Cgil, ha concluso stamane il convegno "Appalti, diritti, legalità, sviluppo: una proposta di legge d'iniziativa popolare", organizzato a Milano dalla Cgil lombarda e trasmesso in diretta da Radioarticolo1 (qui i podcast di tutti gli interventi). "Se avessimo fatto questa assemblea trent'anni fa – ha esordito il dirigente sindacale –, ci sarebbero stati quasi esclusivamente lavoratori edili, più le donne delle pulizie e qualche facchino. Oggi ci sono tutti, terziario, manifatturiero, pubblica amministrazione: non c'è settore che rimanga escluso dal fenomeno degli appalti. E l'importanza dell'argomento è tale che la proposta di legge che Susanna Camusso ha lanciato la settimana scorsa a Roma, e la raccolta di 50.000 firme che avviamo oggi in Lombardia deve essere l'occasione per un'iniziativa popolare di grande contatto con la gente".
"La Cgil della trasversalità, come è stato chiamato il coordinamento delle categorie nella contrattazione, quando parla di appalti, non si riferisce solo ad arresti e corruzione, ma anche a lavoro, disoccupazione, ammortizzatori sociali, Jobs act, legge di Stabilità. L'economia illegale vale più di 70 miliardi all'anno. Per cui, se avessimo un sistema degli appalti con regole e controlli più efficaci e trasparenti, sicuramente avremmo qualche risorsa in più per rendere universali strumenti di tutela come la Naspi, e forse si arriverebbe anche a qualche disoccupato in meno proprio nel sistema degli appalti, perché quando mancano le risorse pubbliche si finisce per scaricare tutto sul taglio dei servizi e quindi sui lavoratori in appalto", ha rilevato Martini.
"L'impresa in appalto è cambiata: non è più quella che abbiamo conosciuto quarant'anni fa, qualificata, che operava nei cantieri con lavori di specializzazione. Quel modello dell'impresa non esiste più, e i nodi odierni sugli appalti nascono proprio dal fatto che senza un'impresa qualificata, che compete rispettando i diritti, avendo al tempo stesso tutti gli elementi d'innovazione possibili, non agganceremo mai alcuna ripresa e non risolveremo alcun problema", ha proseguito il segretario confederale.
"Preannuncio che il prossimo 10 febbraio svolgeremo un'iniziativa unitaria nazionale per presentare le proposte che nei giorni scorsi abbiamo depositato in audizione in Parlamento, in relazione alla legge di recepimento delle direttive europee, che è un fronte diverso da quello della nostra proposta d'iniziativa popolare. Inoltre, sta tornando di attualità la discussione sulla legge regionale sugli appalti, dove alcune regioni sono più avanti, altre più indietro: con tutte le istituzioni locali la Cgil deve stringere rapporti e alleanze, perché solo in tal modo possiamo arrivare a buoni risultati", ha osservato ancora Martini.
"Al nostro interno, sono contento che finalmente a livello di categorie si cominci a collaborare in maniera stretta: per troppo tempo, ci siamo dimenticati che oltre ai lavoratori di un cantiere edile o di uno stabilimento industriale c'erano anche gli addetti alle pulizie o alle mense, e tutti coloro che stavano in appalto. E quando, a causa della crisi, un impianto chiudeva, i primi ad essere mandati a casa erano proprio quei lavoratori, spesso 'invisibili' anche per il sindacato, quasi fossero di un'altra razza o appartenessero a un'altra famiglia. Ora dobbiamo fare tutti assieme un salto in avanti, perché non può più essere che in un negoziato contino solo i dipendenti della committenza dell'impresa centrale, senza coinvolgere anche quelli delle ditte in appalto: non può più essere che si decida come facoltativo se il destino dei secondi appartiene anche alla vertenza numero uno, oppure no. Il nostro orientamento è di rendere vincolante tale legame in tutte le trattative", ha concluso l'esponente Cgil.