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"Il mancato rispetto, già annunciato da molte aziende, della legge regionale che impone la chiusura dei negozi in occasione del 1° novembre e di altre nove festività, è l’ennesimo segnale di arroganza nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici. Arroganza aggravata, nell’ambito di Federdistribuzione, dall’ostinazione con cui quest’ultima continua a negare ai lavoratori, dopo 34 mesi di trattativa, il diritto al rinnovo del contratto, offrendo aumenti risibili, a fronte di crescenti richieste di flessibilità". I sindacati del commercio del Friuli Venezia Giulia replicano così agli annunci già fatti da molte aziende della distribuzione, intenzionate a non rispettare il divieto di apertura.
"Ribadiamo con forza che le ricorrenze di carattere laico e religioso sono l’espressione di sensibilità e valori unanimemente condivisi, nei quali tutti dovrebbero riconoscersi, dalle istituzioni agli operatori economici", si legge in un volantino firmato da Susanna Pellegrini, Adriano Giacomazzi e Matteo Zorn, rispettivamente segretari regionali di Filcams, Fisascat e Uiltucs. Che lanciano un appello anche nei confronti degli enti locali: "Destano forte perplessità e preoccupazione – dichiarano – posizioni come quelle espresse a Trieste dagli assessori al commercio e al turismo, che hanno sollecitato una moratoria nell’applicazione di una legge della cui applicazione i comuni sono responsabili, sposando nei fatti le tesi di una delle parti in causa".
Per l'ennesina volta, le tre sigle di categoria ribadiscono il loro giudizio positivo sulla legge regionale. "La legge – ricordano – è anche scaturita dagli sforzi e dalle pressioni fatte dai sindacati, da sempre contrari alla completa liberalizzazione degli orari commerciali. Una posizione condivisa largamente anche dalle principali associazioni datoriali, tra cui la sola Federdistribuzione non vuole vedere ciò che ormai è evidente anche tra diversi suoi associati favorevoli alle chiusure festive, come Unicomm, cui fa capo Famila, Emisfero e A&O". Nel sottolineare che le dieci giornate di chiusura individuate dalla legge regionale andrebbero implementate, "dal momento che la liberalizzazione delle aperture ha solo aumentato i disagi dei lavoratori, senza essere un fattore di crescita per l’economia", i tre dirigenti sindacali sono consapevoli dei problemi posti dal conflitto apertosi tra Stato e Regione, rimesso al giudizio della Consulta: "Ma siamo anche convinti che siano ormai maturi i tempi per arrivare a una nuova normativa nazionale in materia".
Una convinzione, la loro, rafforzata anche dai più recenti orientamenti giurisprudenziali sul lavoro festivo: "Il tribunale di Rovereto è tornato sul tema e ha sancito che non si tratta di un obbligo per i lavoratori. Prendendo spunto dal ricorso di alcune lavoratrici, sanzionate per essersi rifiutate di lavorare nei giorni festivi, e che avevano tempestivamente comunicato tale indisponibilità, il tribunale ha annullato le sanzioni e condannato l’azienda al pagamento delle spese legali: sono state giudicate nulle le clausole contrattuali che prevedevano espressamente l’obbligatorietà del lavoro festivo. Questo, per l’illegittimità sostanziale di un vincolo reso perpetuo, pur essendo legato a una scelta espressa in un momento di debolezza, quale l’assunzione, e soggetta a valutazioni di opportunità ampiamente variabili, tanto nel breve quanto nel lungo periodo". Da qui, per i sindacati, la necessità che governo e Parlamento facciano dietrofront rispetto alla deregulation del settore, prendendo spunto da leggi come quelle approvate dalla Regione Friuli Venezia Giulia".