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"Sciopero, tutti al lavoro!”. Una chiamata alle armi al rovescio quella della Cgil di Pistoia e di Monza e Brianza in due giornate precedenti il 12 dicembre, data dello sciopero generale. Ha cominciato il capoluogo di provincia toscano, dove a rimanere “aperti per sciopero” sono stati diversi centri e attività legati al mondo dell’arte e della cultura. L’idea è nata dalla volontà di trovare forme nuove di mobilitazione e ha trovato terreno fertile sui social network; già, perché tramite un call for action lanciato su Facebook nei giorni precedenti, l’iniziativa della Camera del lavoro ha raccolto tantissime adesioni, anche esterne all’universo sindacale. Adesioni che dal mondo virtuale sono passate a quello reale nella giornata del 28 novembre, in cui i 5 musei di Pistoia, di cui 3 praticamente chiusi per mancanza di fondi nel resto dell’anno, sono rimasti aperti oltre gli orari stabiliti, organizzando nel corso della giornata molte visite guidate.
Ma l’iniziativa non si è fermata ai musei, includendo laboratori, lezioni, performance e installazioni, grazie all’impegno di lavoratori, disoccupati o precari del mondo della cultura e dell’arte, delle cooperative sociali e dei centri assistenza per disabili: tutti, in forma volontaria, hanno messo le proprie capacità e conoscenze al servizio della cittadinanza. Tutti settori troppo spesso dimenticati e maltrattati, che hanno dimostrato una volta di più come la cultura sia una risorsa preziosa del nostro paese e che con essa si possa “mangiare”.
“L’idea dello sciopero a rovescio viene da lontano, dal mondo rurale, quando i contadini andavano a occupare e a lavorare le terre abbandonate dai latifondisti, per recuperarle e renderle di nuovo produttive – spiega Gessica Beneforti, segretaria generale Cgil di Pistoia –. Anche noi abbiamo voluto dar visibilità e render produttivi dei settori nascosti, grazie a una proposta nuova e veramente inclusiva. E così è stato, perché l’adesione e l’entusiasmo sono stati altissimi: l’intera comunità si è mossa intorno all’iniziativa. È la dimostrazione che il sindacato può e deve essere propositivo, sfruttando i nuovi strumenti come i social, facendoli incontrare con forme di mobilitazione e valori più tradizionali. Abbiamo scelto la cultura, perché dovrebbe rappresentare l’immagine del paese, mentre oggi è un grande campo incolto. Direi che l’esperimento è riuscito, dimostrando che con azioni concrete si può contrastare l’azione del governo e che vie alternative sono possibili”.
Prima di arrivare allo sciopero generale, anche in Lombardia sono state organizzate varie iniziative e per la data del 2 dicembre la Cgil Monza e Brianza è stata “aperta per sciopero”, con l’organizzazione di iniziative che ben rappresentano parte delle attività quotidiane sul territorio: assemblee, offerte di servizi, convegni di approfondimento, volantinaggi che si sono rivolti, con proposte specifiche, ai lavoratori, ai pensionati, ai giovani, ai migranti, ai disoccupati. Tutto si è svolto nelle piazze e nelle sedi sindacali di tutta la provincia e anche in un pub: flash mob a Monza, incontri alle Camere del lavoro di Desio, Lissone, Vimercate e in altre città su diritto alla maternità, precariato, scuola e legalità. “Abbiamo voluto rispondere al brusio dei giudizi di chi non conosce il sindacato e che in modo saccente e presuntuoso parla di scioperi indetti per allungare un ponte, di ferie prolungate, di fannulloni e burocrati – commenta Maurizio Laini, segretario generale Cgil Monza e Brianza –. Nei giorni precedenti abbiamo svolto con serietà e responsabilità il nostro lavoro e nei giorni successivi siamo stati presenti ovunque ci fosse un bisogno, organizzando altre iniziative. Ma il giorno 2 dicembre siamo stati un po’ più aperti, con sulla porta la scritta ‘aperto per sciopero’. Credo che, vista la partecipazione, ci siamo guadagnati anche il giudizio positivi degli scettici”.