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Il risparmio di risorse realizzato sulle prestazioni di Ape sociale e 'precoci' nel 2017 è addirittura superiore a quanto il governo ha deciso di destinare complessivamente al capitolo pevidenza nel prossimo triennio: "Basta questo dato per confermare l’inconsistenza delle misure proposte dall'esecutivo al sindacato per la fase due del confronto sulle pensioni". È quanto dichiara il segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli, commentando quanto emerso da un’analisi della Confederazione.
In particolare, rileva Ezio Cigna, responsabile Ufficio previdenza pubblica della Cgil nazionale, dallo studio emerge che nel 2017 si avrà un risparmio di risorse non utilizzate per Ape sociale e 'precoci' pari a 504.210.322 euro, mentre il governo prevede un intervento triennale pari a 300 milioni di euro, "dato che, per altro, riteniamo sia abbondantemente sovrastimato. Sulla base di quanto contenuto nell’emendamento alla legge di bilancio sulla previdenza presentato dal governo, e nella nota di sintesi consegnata dall'Esecutivo stesso ai sindacati - spiega Cigna - le risorse risparmiate nel 2017 non verranno reimpiegate per le finalità previdenziali per le quali erano state inizialmente impegnate”.
“Anche alla luce degli indirizzi interpretativi del Ministero - prosegue il responsabile - il numero di domande accolte per Ape sociale e 'precoci' è molto inferiore a quello che era stato preventivato: 31.290 domande anziché le 60.000 ipotizzate, pari al 52,15% del totale previsto. Per effetto del trascinamento delle poche domande accolte nel 2017 - poi - si avrà un risparmio anche nel 2018, pari a 554.581.500 euro, come rilevato dalla nostra analisi”.
“Se non si vogliono accumulare ulteriori residui, pregiudicando il diritto di molti lavoratori di fruire delle prestazioni di Ape sociale e anticipo per i precoci, è necessario intervenire in legge di bilancio per modificare profondamente le procedure e i vincoli”, sostiene Ghiselli. Per il segretario confederale della Cgil “i correttivi finora ipotizzati dal governo, relativi all’ampliamento di quattro categorie di lavori gravosi, all’intervento sulle donne madri e sui contratti a termine, senza ulteriori misure sarebbero del tutto irrilevanti e determinerebbero anche per il 2018 l’esclusione di tantissimi lavoratori dalle prestazioni”.
Ghiselli, in conclusione, ricorda che “abbiamo avanzato al governo proposte concrete, ribadite negli incontri con i gruppi parlamentari degli ultimi giorni. Esse riguardano in particolare la necessità di abbassare il requisito contributivo per i lavoratori impegnati in attività gravose da 36 a 30 anni, e modificare la continuità professionale richiesta di 6 anni su 7 allargandola all’ipotesi di 7 su 10”. Inoltre, sempre relativamente ai lavori gravosi, “chiediamo di semplificare le procedure e di rimuovere il vincolo del tasso di tariffa Inail del 17 per mille”.