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Barcellona – José María Álvarez, nato 60 anni fa a Belmonte de Miranda, nelle Asturie, è il nuovo segretario generale dell’Ugt, la Unión general de trabajadores, la centrale sindacale spagnola storicamente vicina ai socialisti del Psoe. Eletto lo scorso 12 marzo in occasione del 42mo congresso confederale, Álvarez – che dal 1990 al 2016 ha guidato l’Ugt della Catalogna – prende il posto di Cándido Méndez, che ha lasciato dopo 22 anni la leadership del sindacato.
Rassegna Segretario, la sua elezione è avvenuta grazie a una differenza minima di voti rispetto all’altro candidato alla guida dell’Ugt, il potente numero uno della federazione dei trasporti Miguel Ángel Cilleros. La divisione che si è evidenziata avrà conseguenze sulla sua direzione?
Álvarez No, per il semplice fatto che alla divisione dei voti non corrisponde una differenza sul terreno delle scelte strategiche. La maggior parte delle proposte nel congresso si è votata per unanimità o per ampia maggioranza. Si tratta più che altro di due diverse visioni in merito alla modalità di gestione del sindacato: questo rende più facile ricostruire in poco tempo una maggioranza molto più ampia di quella che si è espressa nelle assise.
Rassegna Cosa pensa della situazione di stallo in cui versa la politica spagnola dopo le elezioni del 20 dicembre?
Álvarez Dobbiamo cominciare a convivere con un sistema politico molto più frammentato che in passato. Questo ci costerà un po’, perché siamo sempre stati un paese con maggioranze assolute o che lo diventavano in seguito ad accordi tra poche forze politiche. La situazione oggi è un’altra e mi piacerebbe che i partiti non perdessero tempo e cominciassero a lavorare, perché c’è una maggioranza in Parlamento che vuole un cambio di rotta, che vuole politiche differenti, che vuole derogare ad alcune leggi approvate. In questo senso, noi spingiamo perché ci sia un governo.
Rassegna A quali leggi del governo del Pp dovrebbe derogare un futuro “governo del cambiamento”?
Álvarez C’è un pacchetto importante di provvedimenti a cui metter mano, a partire dalla Lomce, la legge che regola il sistema educativo, passando per la legge “mordaza”, pensata per condizionare il diritto di manifestazione e quello di sciopero. Senza dimenticare l’attuale codice penale, che sta fomentando l’avvio di processi contro un nutrito numero di sindacalisti e infine – ma non certo per importanza – tutte le leggi, e sono numerose, che il governo del Partito Popolare ha fatto in materia di lavoro e di politiche sociali.
Rassegna Che tipo di struttura contrattuale avete in mente?
Álvarez Ci battiamo perché si ristabilisca un sistema contrattuale in linea con le aspettative dei lavoratori, perché quello che sta succedendo è che il contratto aziendale prevale sempre su quello di settore. Vorremmo che i contratti avessero relazione con il tipo di lavoro che si svolge: un lavoro a tempo indeterminato è assurdo che si faccia con lavoratori a rotazione, così come un lavoro che ha una durata di otto ore al giorno non ha senso che sia fatto da due lavoratori a mezzo tempo, come avviene sempre più spesso nella pratica corrente.
Rassegna Che ripresa è quella che interessa l’economia spagnola?
Álvarez Una ripresa che riguarda più i mercati che il lavoro. Nei fatti, l’occupazione che si sta creando è molto poca e di infima qualità. I salari sono molto bassi. Spesso, come accennavo poco fa, un lavoro che prima era per un solo addetto adesso è svolto da due persone attraverso i contratti a tempo parziale. Non siamo in presenza di una ripresa economica vera e ancor meno solida. Siamo un paese che ha molta occupazione vincolata alla stagione turistica e, proprio per questo, a volte sembra che ci sia un incremento significativo dei posti di lavoro, ma in realtà si tratta di un miraggio, perché manca una crescita solida nel settore industriale. La verità è che continuiamo con lo stesso modello di sviluppo di prima della crisi, con la differenza che un comparto importante come quello delle costruzioni è scomparso.
Rassegna Tre problemi che, oltre alla questione del lavoro, individua come i principali oggi in Spagna…
Álvarez Il primo è la corruzione: un problema gravissimo di questo paese, che sta compromettendo quanto di buono fino a oggi è stato fatto. Poi abbiamo un problema di tipo istituzionale: sono molti anni che non si fanno riforme dal punto di vista dell’organizzazione territoriale. C’è una chiusura nei confronti di questo tema che, invece, andrebbe riaperto e risolto. Ma non meno grave è il problema che riguarda il sistema della rappresentanza politica, il suo funzionamento democratico. Per tutte queste ragioni sosteniamo la necessità di una riforma costituzionale che possa tenere assieme tutti questi elementi.
Rassegna Il suo predecessore è rimasto in carica per oltre 20 anni. Come pensa di snellire i processi democratici e partecipativi all’interno del sindacato?
Álvarez Siamo in una fase nuova nella vita dell’organizzazione. L’ultimo congresso ha votato per un’inversione di marcia che ora noi abbiamo il dovere di facilitare, introducendo novità di fondo. Per fare questo istituiremo un gruppo di lavoro che dovrà formulare delle proposte in merito alla partecipazione democratica degli iscritti nei congressi, dal numero delle firme per avallare le candidature alla segreteria generale alla possibile celebrazione di primarie per eleggere il leader. Ma ancora più importante è che l’organizzazione faccia dei dibattiti con cadenza annuale in relazione alle politiche che preoccupano i cittadini, perché i nostri congressi hanno troppo a che vedere con le questioni interne al sindacato. Novità che si andranno ad aggiungere alla decisione, emersa dal congresso precedente, che limita la durata dell’incarico a segretario generale a tre mandati, ossia dodici anni. Anche se io non penso di rimanere alla guida dell’Ugt tutto questo tempo.
Rassegna Ha intenzione di confermare il patto unitario con le Comisiones Obreras?
Álvarez Non ci sono dubbi: il patto di unità d’azione con Comisiones Obreras rappresenta un assunto che è parte della cultura del movimento operaio del nostro paese. Non ci viene neppure in mente di discutere un mutamento di relazioni con l’altra grande confederazione sindacale, che manterremo e cercheremo di migliorare.
Rassegna Lei ha affermato che la sua vittoria al congresso dell’Ugt dimostra che in Spagna la “catalanofobia” non funziona. A cosa si riferiva? L’editoriale de “El País” successivamente alla sua elezione la invitava a non “distrarsi con il diritto a decidere”…
Álvarez Non mi sono mai distratto e non mi distrarrò con temi che non abbiano a che vedere con i miei obblighi di segretario generale della Unión general de trabajadores, temi cioè che non abbiano alcuna relazione con i problemi delle lavoratrici e dei lavoratori del nostro paese. Mi voglio, ci vogliamo occupare dei problemi reali delle persone, di quelle che non trovano lavoro, di quelle che trovano un lavoro in condizioni che non garantiscono la sopravvivenza, degli uomini e delle donne che – ultracinquantenni – sono diventati disoccupati di lunga durata…
Rassegna È vero tuttavia che l’Ugt della Catalogna, di cui è stato fino a poche settimane fa il segretario generale, ha sempre parlato – assieme alle Comisiones Obreras – di diritto a decidere del popolo catalano riguardo al futuro assetto istituzionale della regione autonoma…
Álvarez Si tratta di un tema che è nell’agenda politica spagnola e, in particolare, in quella catalana. Ma la realtà è che, nel corso del nostro congresso, questo tema non è stato affatto discusso: e, del resto, nel sindacato il tema Catalogna non aggiunge, né toglie consensi. Credo che qualcuno, noncurante del dibattito congressuale, abbia cercato di introdurre l’argomento, ma si tratta di una discussione che non rende, perché nell’Ugt ciascuno ha la propria opinione in materia. Quel che è certo è che la confederazione è interessata a propiziare il dialogo per trovare il miglior assetto istituzionale tra la Catalogna e il resto della Spagna.
Rassegna L’Ugt parla di diritto a decidere applicato anche alle politiche economiche e sociali dei governi. Cosa significa?
Álvarez Noi diciamo da diversi anni che questo paese ha pochi contrappesi da un punto di vista sociale; se un governo vince con maggioranza assoluta può fare strame di tutte le politiche sociali e del lavoro, perfino di quelle che hanno a che fare con la libertà d’espressione o con il diritto di sciopero, com’è successo negli ultimi quattro anni. Bisogna perciò introdurre dei contrappesi democratici che permettano, quando un governo attacca le libertà e i diritti del lavoro, un voto non solo del Parlamento, ma anche dei cittadini.