PHOTO
Alternanza scuola-lavoro: c’è un alto rischio di esperienze poco qualificate per gli studenti e di “utilizzo distorto dello strumento” e con "reiterati e diversificati tipi di abusi". Mentre invece, gli studenti avrebbero bisogno di percorsi sempre più innovativi e che guardino al futuro. È questo il risultato più importante a cui giunge il secondo monitoraggio compiuto dalla Cgil, insieme a Flc e Fondazione di Vittorio (e che è stato presentato a Roma), che ha coinvolto l'anno scorso 205 scuole in 87 province e prosegue quest'anno in altre 187 scuole di 91 province relative con oltre 43.500 studenti interessati, delle classi terze e quarte.
Un ragazzo su 5, si legge nel rapporto, ha partecipato solo ad attività propedeutiche senza avere esperienze di apprendimento in contesti di lavoro (11%) o ha fatto esperienza di lavoro senza adeguata formazione (8,7%) "rischiando così di essere fuori da percorsi privi di qualità". La progettazione dei percorsi, sottolinea il rapporto, è generalmente stata fatta attraverso accordi con soggetti privati nati in modo occasionale. Diminuisce, infatti, il numero di scuole che siglano accordi con soggetti pubblici che passano dal 76 al 70%. È stabile il coinvolgimento di enti privati che rappresentano il 56% del totale, mentre diminuisce il coinvolgimento del Terzo settore che passa dal 58 al 44%.
Altro aspetto preoccupante per la qualità della formazione risiede nel fatto che le imprese che ospitano i percorsi sono piccole: quasi un'azienda su due è una microimpresa che ha fino a 9 dipendenti, il 36% ha da 10 a 49 dipendenti. Cresce tuttavia, anche se a un livello ancora insoddisfacente, il coinvolgimento delle grandi imprese che passa dal 1 al 3,5% rispetto al monitoraggio precedente.
La netta maggioranza delle esperienze di apprendimento consistono in stage o tirocini nel 80% dei casi e in media la durata è di 4 settimane per studente. Il 16% delle esperienze rientrano nella tipologia dell'esperienza occasionale, come la visita in azienda. Per la Cgil i dati evidenziano l'importanza di "supportare le scuole in questa delicata fase di transizione, fornendo loro esempi di buone pratiche ed evitando frammentarietà, dispersione e occasionalitò delle esperienze. Un rischio che le informazioni attualmente disponibili mettono fortemente in luce".
Nel suo intervento, il segretario generale della Flc Cgil, Francesco Sinopoli, ha posto una domanda retorica: “Siamo davvero sicuri che tutte le aziende possano fare formazione nei progetti di Alternanza? No, andrebbero selezionate sulla base della reale capacità formativa”. Per Giammarco Manfreda, portavoce della Rete degli studenti medi, “gli studenti chiedono un’alternanza che sia gratuita, coerente con il percorso curricolare e soprattutto che sia un percorso di qualità garantito a tutti indipendentemente dalla scuola o dal territorio”.
I lavori sono stati conclusi da Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, che ha rilanciato la sfida: “Dobbiamo impedire – ha detto – che l’alternanza scuola lavoro si riduca in un percorso di addestramento. Serve formare menti capaci di coscienza critica, di adeguarsi ai cambiamenti”. Cosa che invece spesso non accade, perché, ha attaccato, “le imprese hanno un’idea di iperspecializzazione dello studio finalizzato a produrre ‘personale pronto’. Ma tutto, oggi, evolve troppo velocemente. Chi uscisse da quei percorso rischierebbe di essere già obsoleto”.
Importante, per il segretario generale della Cgil, il tema della partecipazione: “Se l’alternanza scuola lavoro è una parte del percorso formativo, si deve prevedere un diritto degli studenti a partecipare alla selezione e all’individuazione di progetti effettivamente utili a fini formativi. Magari attraverso le loro rappresentanze” Infine un appello: “No all’autosufficienza delle scuola nel l’individuazione del percorsi, l’alternanza va collegata al percorso formativo”