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“L'impressione è di un forte immobilismo che avvolge queste aziende e tutto il settore dei call center. Almaviva ha aperto l'incontro leggendoci la lista delle difficoltà, legittime per carità, ma soprattutto facendo accenno all'articolo 4, del controllo a distanza dell'attività dei lavoratori”, è il commento del segretario Slc Cgil Palermo Maurizio Rosso, che interviene dopo il tavolo di oggi (23 settembre) al Mise con Almaviva. “Io credo – aggiunge il segretario Slc Cgil Palermo Rosso - che dopo aver avviato sia il tavolo di settore dei call canter che il tavolo di Almaviva bisogna cominciare a fare scelte coraggiose e concrete. La prima è sradicare l'idea malsana che sotto i parametri dei contratti nazionali di categoria non si possano vincere commesse e appalti. La seconda è che bisogna applicare concretamente le sanzioni sulle delocalizzazioni a chi non rispetta le regole. La terza deve vedere un impegno straordinario in direzione degli investimenti”.
Preoccupante il giudizio sulla situazione palermitana. “Nel caso di Palermo, siamo allarmati per le modalità di applicazione della clausola sociale, per la perdita da parte di Almaviva Palermo della commessa Enel che sta determinando l'ipotesi di trasferimenti in altre sedi dei lavoratori di Almaviva – aggiunge Rosso - Crediamo che non sia questa la soluzione e che vada ricercata insieme al sindacato una soluzione per costruire occupazione stabile e strutturata a Palermo. Oggi Almaviva ha dichiarato di avere presentato i piani formativi alla Regione Sicilia: chiediamo un impegno straordinario della Regione per i circa 6 mila occupati di questa azienda. Auspichiamo una discussione sul piano industriale con Comune e Regione per permette a questi lavoratori di avere un futuro”.
La Slc Cgil Palermo ha chiesto conto della promessa del governo nazionale di un fondo per lo sviluppo e ricerca nel settore dedicato alle aziende. “Che fine ha fatto la promessa di un impegno straordinario per investimenti su sviluppo e ricerca, per cerare quelle condizioni di competitività che facciano restare sul mercato le aziende italiane dei call-center? - osserva Rosso - Senza questi investimenti, e in mancanza di adeguamenti ai cambiamenti tecnologici e professionali, questo settore, che occupa circa 100 mila lavoratori in Italia, è destinato a morire. Credo che il core business deve essere l'offerta di qualità ai clienti e la risoluzione dei problemi, essendo l'attività del settore dedicata ai servizi”.