PHOTO
Il tentativo di mediazione del governo è fallito, dunque tutti gli addetti di Almaviva restano a rischio. “La riunione convocata dal ministero dello Sviluppo Economico nella giornata di ieri (20 aprile), dedicata a trovare una soluzione che scongiuri i 3000 licenziamenti avviati dal Almaviva Contact, non ha consentito di raggiungere un accordo.” E' quanto si legge una nota unitaria delle segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil.
LEGGI ANCHE: Nessun presupposto per l'accordo
Partite le assemblee a Palermo
TAG: tutto su Almaviva
Il governo, nella ricostruzione dei sindacati, "ha proposto una revoca dei licenziamenti per sei mesi al fine di consentire all’esecutivo di intervenire sui reali problemi del settore, caratterizzato da una concorrenza selvaggia, dalla mancata applicazione delle leggi sulla delocalizzazione all’estero e dal mancato rispetto delle clausole sociali, previste dalla normativa, proprio dalla grossa committenza pubblica. Questo, insieme a tariffe trascinate al ribasso a causa degli incentivi alle assunzioni, hanno provocato una distorsione della concorrenza che sta mettendo “fuori mercato” tutte le imprese strutturate".
Da parte sua, l'azienda "ha accettato il percorso proposto dal governo solo a condizione di realizzare un’intesa che chiuda la procedura aperta con un accordo – prosegue la nota - certificando in questo modo gli esuberi individuati dall’azienda, con un contratto di solidarietà al 45% per le sedi di Roma e Palermo, al 35% per la sede di Napoli e con percentuali minime per le altre sedi".
"Tale proposta condannerebbe i 4600 lavoratori di Roma e Palermo, oltre a parte dei lavoratori di Napoli, ad un’intesa che dimezzerebbe il loro reddito - afferma Giorgio Serao, Fistel Cisl. Vista la quasi totalità di personale impiegato come part time a 4 ore, si determinerebbe la situazione per cui il personale scivolerebbe sotto la soglia degli 8000 euro annui, causando anche la perdita del “bonus Renzi” di 80 euro, e condannando i lavoratori a dover restituire quanto già percepito nei primi mesi dell’anno. In questo modo, la proposta aziendale determinerebbe lo spostamento in fascia di povertà della maggioranza dei lavoratori dell’azienda.”
“La gravità di tale conseguenza ha impedito di accogliere l’invito del Governo a utilizzare ulteriore tempo per cercare soluzioni strutturali alla crisi, che resta la vera priorità per scongiurare le migliaia di licenziamenti che il settore subirà nei prossimi mesi – aggiunge Pierpaolo Mischi, Uilcom Uil. È chiaro che risulta impossibile chiedere ai lavoratori di accettare la collocazione in fascia di povertà con la prospettiva di essere licenziati entro la fine dell’anno.”
“Per questo abbiamo più volte evidenziato l’assoluta inadeguatezza degli ammortizzatori sociali messi a disposizione e la necessità di riconoscere al settore la cigs, consentendo la stipula di accordi di medio periodo che permettano di ricercare soluzioni in grado di azzerare gli esuberi – dichiara Michele Azzola, Slc Cgil -. In realtà l’incontro di ieri ha evidenziato ulteriormente, ammesso ce ne fosse ancora bisogno, come il problema è e resta quello di intervenire sui contratti di fornitura del servizio che non possono essere strutturati in moda da determinare l’insostenibilità del costo del lavoro", conclude il sindacalista.
“Questo intervento insieme alla rigida applicazione delle clausole sociali - chi vince la gara deve assumere il personale che già opera su quella commessa - sono elementi imprescindibili per affrontare la crisi. A ciò si deve aggiungere una modifica dei livelli di qualità del servizio ai clienti, leva che consentirebbe di risolvere molte crisi occupazionali e garantire servizi migliori ai cittadini italiani – prosegue la nota congiunta.
Il governo ha presentato una proposta "che fissa obiettivi difficilmente conciliabili. Le parti hanno già fissato due incontri, i prossimi 26 e 29 aprile, per approfondire le tematiche. Nel caso si evidenziasse l’impossibilità di raggiungere un’intesa sarà necessaria una nuova convocazione in sede ministeriale, perché risulterebbe inaccettabile la resa del governo che renderebbe i licenziamenti una certezza. A ciò si aggiungono gli oltre 500 licenziamenti del Gruppo Gepin, determinati dalla gara indetta da Poste Italiane e preassegnata ad un importo che non permette di retribuire il costo del lavoro, e per il quale il governo si era impegnato a riconvocare il tavolo entro questa settimana. Ma a oggi tale impegno sembra essere disatteso", conclude la nota.