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Almaviva, una di quelle storie che non finiscono mai. Si tenta ancora di trovare una soluzione oggi (31 gennaio) al ministero del Lavoro. Una vertenza dura, non solo per gli effetti concreti sui lavoratori di Palermo, ma anche perché mette il dito nella piaga di uno di quei settori – i call center – tra i più esposti in un mercato regolato da una concorrenza selvaggia.
“È il momento di dare risposte certe sul problema delle delocalizzazioni, su un ammortizzatore sociale strutturato e su un fondo d'investimento dedicato a questo importante settore, che in Sicilia dà lavoro a 20.000 addetti – spiega Massimiliano Fiduccia, Slc Cgil Palermo e Rsu Almaviva –. Da mesi va avanti una discussione con i ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico. Ci aspettiamo un segnale deciso da parte del governo e di poter ragionare con l'azienda per trovare soluzioni non traumatiche”.
Un rischio avvertito con forza dai lavoratori. Più del 60 per cento degli addetti palermitani è infatti sceso in piazza il 28 gennaio. Proprio alla vigilia della mobilitazione un altro call center molto importante a Palermo, Abramo Customer Care – grande competitor della stessa Almaviva – aveva annunciato 150 esuberi. “La nostra azienda ci ha convocato per comunicarci che Tim ha ridotto del 70% il traffico – dice Francesco Brugnone, Rsu Slc di Abramo –. Da quasi 180.000 chiamate al mese siamo passati a 43.000. Già hanno dichiarato almeno 150 esuberi. Ci dobbiamo rendere conto che questa è una vertenza di tutto il settore, non di una singola azienda. Ormai tutti i committenti fanno il bello e il cattivo tempo. Decidono di chiudere i rubinetti, spostano le chiamate da un centro all'altro e affossano le speranze di tutti noi”.
“Non è più il lavoro di un tempo, in cui il ragazzetto veniva al call center per sostenere le spese universitarie. Oggi c'è gente che manda avanti la famiglia, che ha creato un nucleo parentale con il lavoro dei call center. Ma il governo è assente, non capisce che non è più un comparto di ragazzini, ma di gente che lavora”, aggiunge il delegato.
I problemi in gioco sono complessi e riguardano la regolazione del mercato, la responsabilità dei committenti, spesso pubblici. Per questo i sindacati chiedono interventi strutturali. “Il mondo dei call center in Italia non si può più permettere di aspettare. C'è bisogno di riforme strutturali. Al tavolo con il governo chiediamo leggi, ammortizzatori sociali strutturali, rispetto delle tariffe ministeriali e contratti commerciali. Ma soprattutto un fondo strutturale, che possa servire alla riqualificazione di un settore in profonda trasformazione da troppi anni, che conta 80.000 lavoratori in tutta Italia, di cui 20.000 in Sicilia. Il rischio è che nel giro di due o tre anni non solo i 1.700 dipendenti di Almaviva, ma tutti i 20.000 addetti dei call center siciliani perdano il posto: sarebbe un danno incommensurabile per la nostra Isola.