“La soluzione Cai aveva gravi difetti quanto a diritto commerciale e comunitario. Dal punto di vista del lavoro era nettamente peggiore rispetto alla soluzione offerta da Air France in marzo. Però risultava essere l’unica alternativa al fallimento. La Cgil aveva firmato l’accordo-quadro con Cai. E allora doveva andare fino in fondo”. A dirlo è il giuslavorista e senatore del Pd Pietro Ichino, in un’intervista a Quotidiano Nazionale, parlando della situazione di Alitalia: “Un sindacato serio deve saper valutare un piano industriale e, se la valutazione è positiva, deve saper proporre a tutti i lavoratori interessati di scommettervi. La Cai era in fase di start up e la Cgil avrebbe dovuto candidarsi a rappresentare i dipendenti futuri di Cai, non gli ex-dipendenti di un’impresa ormai morta”. Continua Ichino: “La Cai avrebbe potuto assumere altro personale nel mercato europeo. Quello che non mi piace, nel comportamento di Epifani, è il dare per scontato che la Cgil non sia in grado di rappresentare gli interessi dei piloti e degli assistenti di volo che possono far vivere una nuova compagnia, dire che le categorie possono essere rappresentate solo da sindacati di mestiere. Non è il modo di agire di una grande confederazione sindacale”. Per il giuslavorista, il “sindacato dovrebbe imparare a svolgere sempre di più e meglio il ruolo di intelligenza collettiva dei lavoratori, che consente loro di scegliere tra i piani industriali. Nell’economia globalizzata sono sempre più frequenti i casi in cui ai lavoratori di un’azienda si offre la possibilità di influire in modo decisivo sulla scelta dell’imprenditore che la gestirà. Il sindacato deve attrezzarsi per guidarli nella scelta e smetterla con la sciocchezza della difesa dell’italianità dell’azienda”.

Alitalia, riapre la procedura di acquisizione