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Una normativa semplice, centrata sulla prevenzione e sul ruolo del medico competente, in collaborazione con tutte le figure (compreso il Rappresentante dei lavoratori) che in azienda si occupano di salute e sicurezza. Ma soprattutto orientata a non “criminalizzare” il lavoratore, bensì ad aiutarlo a superare la sua eventuale condizione di dipendenza. Sono questi i principali contenuti della proposta congiunta “di una procedura per l’accertamento dell’assunzione di alcool e di sostanze stupefacenti” (vedi allegato), realizzata da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, che intende quindi regolamentare la sorveglianza sanitaria di quei lavoratori adibiti ad alcune mansioni ritenute maggiormente rischiose.
L’assunzione di alcool e di sostanze stupefacenti in ambito lavorativo è vietata per tutti coloro che sono adibiti a mansioni a rischio (ad esempio gli autisti, i controllori di volo, chi lavora con gas tossici o guida carrelli elevatori), la legge prevede sanzioni penali per la violazione del divieto. Ma attualmente la questione è rimessa a tre accordi Stato-Regioni (e alla “difforme interpretazione e applicazione da parte delle Regioni e degli organismi di vigilanza”), da cui emerge un quadro normativo contraddittorio, soprattutto “nel confondere i differenti aspetti dell’assunzione e della dipendenza”, e ancora inattuato quanto alla prevista revisione delle procedure.
“Abbiamo condiviso con le rappresentanze datoriali, da quando fu approvata, una forte insoddisfazione per la normativa, di ambito sia legislativo sia regolamentare. E questo perché, ad avviso di tutti, metteva in difficoltà le aziende, per il ruolo improprio assegnato ai datori, e i lavoratori” commenta Sebastiano Calleri, responsabile Cgil nazionale dell’Ufficio Salute e sicurezza. Nei riguardi dei lavoratori, continua Calleri, si è arrivati “anche in alcuni casi alla violazione di veri e propri diritti individuali. È dunque questa la ragione della nostra proposta, che intende fornire un contributo chiaro, snello e applicabile facilmente, assicurando a tutte le parti interessate ruoli corretti e conseguenti salvaguardie”.
Scopo dell’avviso comune, dunque, è mettere a punto “un’unica procedura, notevolmente semplificata e integralmente sostitutiva di tutte quelle esistenti”. Sindacati e imprese ritengono che le procedure afferenti la sorveglianza sanitaria, attribuita al medico competente, debbano essere connotate “da semplicità e brevità, oltre a dover distinguere, ai fini del giudizio di idoneità legato al rapporto di lavoro, gli aspetti di rilievo per la sicurezza sul lavoro da profili di esclusivo rilievo personale”. Centralità viene dunque assegnata al medico competente, cui spetta “esclusivamente” l’accertamento dell’assunzione di alcool e sostanze, che poi rinvierà il lavoratore, in caso di positività degli esami, alle strutture pubbliche competenti per l’eventuale trattamento della dipendenza.
La fase preliminare per l’accertamento dell’assunzione di alcool e sostanze stupefacenti stabilita dall’avviso comune contempla una “fase di prevenzione” centrata sull’informazione (anche durante ogni visita medica periodica, incontro programmato dal datore di lavoro, consegna di informativa all’assunzione) e una “fase di audit” sul tema concordata e programmata tra medico competente, Rspp e Rls. Riguardo i controlli, sindacati e imprese prevedono accertamenti consistenti in alcoltest e drogatest con apparecchi automatici (per le sostanze è anche previsto, a discrezione del medico competente, il prelievo della saliva).
L’intesa ha diversi punti qualificanti. “La certezza del diritto per i datori di lavoro, la salvaguardia di informazioni personali e di ambiti che esulano dai contesti e dalle occasioni di lavoro, nonché la valorizzazione della contrattazione collettiva per quanto riguarda la gestione dei casi personali e le eventuali sanzioni, che comunque non vanno a incidere sulla retribuzione propriamente detta” spiega Calleri. Per il responsabile Cgil nazionale dell’Ufficio Salute e sicurezza sta quindi “ora al governo e ai ministeri della Salute e del Lavoro riprendere un iter faticoso, a volte conflittuale, per giungere finalmente a una regolamentazione soddisfacente per tutti, soprattutto per coloro che di questi problemi si occupano tutti i giorni nelle aziende del nostro paese”.
Passiamo ora alla procedura. Il datore di lavoro comunica al medico competente i nominativi dei lavoratori adibiti alle mansioni a rischio: le verifiche sono disposte dal medico competente secondo la programmazione sanitaria ritenuta opportuna, senza preavviso, e comunque almeno una volta l’anno. I lavoratori cui sia stato emesso un giudizio di inidoneità per più di due volte nell’arco di un mese vengono avviati dal medico competente al Servizio sanitario nazionale (o al Sert, nel caso delle sostanze) per l’accertamento delle condizioni di dipendenza e l’eventuale programma di recupero. Al dipendente assente dal lavoro a seguito del giudizio di inidoneità verrà comminata una sanzione disciplinare secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva.
Al termine del periodo di inidoneità, il lavoratore è sottoposto a nuova verifica. In caso di accertamento negativo, è riammesso alle mansioni. In caso positivo, come si diceva prima, il medico competente avvia il lavoratore agli ulteriori accertamenti. Il lavoratore non può rifiutare la sorveglianza sanitaria: in caso di rifiuto ingiustificato, il lavoratore è sospeso dal servizio senza retribuzione fino a che non si sottoponga alla sorveglianza sanitaria. Il lavoratore ha però diritto di ricorrere avverso il giudizio del medico competente. Se il parere del medico competente non è ostativo, il lavoratore può essere adibito temporaneamente a una mansione differente, laddove presente in azienda (su parere conforme del medico competente e in collaborazione con Rspp e Rls/Rlst); altrimenti, il lavoratore è inviato al proprio domicilio. Infine il rientro in azienda: sia il lavoratore dichiarato inidoneo per più di due volte in un mese sia quello avviato agli ulteriori accertamenti è sottoposto a monitoraggio mensile da parte del medico competente, secondo il programma di sorveglianza sanitaria.