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I lavoratori Aferpi occupano il Comune e danno il via ad un consiglio di fabbrica permanente. La decisione è stata presa dopo la disdetta dell'incontro previsto per ieri (5 aprile) al Mise. Niente pullman a Roma per manifestare, dunque, ma resta confermato lo sciopero di 24 ore e l'inizio di un'occupazione che terminerà solo quando ci sarà il prossimo incontro, cosa che probabilmente avverrà il 18 aprile. Data che i sindacati si auspicano venga rispettata, perché nella nota congiunta avvertono che per l'incontro non si potrà andare oltre il 20.
Lo slittamento sembra sia stato deciso per l'assenza di Issad Rebrab e dei vertici Aferpi ed esaspera ancora di più una situazione ormai insostenibile. “Ribadiamo e rafforziamo la necessità, ora più che mai, di avere per quella data una mobilitazione di massa di tutti i lavoratori e della cittadinanza e sostegno della delegazione che sarà presente all'incontro - si legge in una nota di Fim, Fiom, Uilm e Ugl -. Dalle ore 9,30 è convocato un consiglio di fabbrica permanente in Comune nel quale, nei prossimi giorni, sarà richiesto l'intervento dei segretari nazionali di categoria”.
I sindacati e gli operai hanno avuto la solidarietà e l'appoggio del sindaco Massimo Giuliani e delle istituzioni locali. “L'obiettivo immediato è mettere in sicurezza 2100 operai dentro Aferpi e 800 per l'indotto. La realizzazione del piano industriale presentato da Aferpi slitta di due anni, quindi al 2021 e prevede nel settore siderurgico un aumento degli operai impiegati dagli attuali 630 a oltre 1000 – afferma il Giuliani, ricordando le criticità del piano dell'azienda -. È necessario che la legge Marzano a questo punto segua il posticipo del piano industriale e di questo si deve far carico il governo. L'impegno del governo a gestire e guidare questo difficile processo è quindi fondamentale. Così come è necessario che Aferpi fornisca una data per affrontare e chiudere la discussione. Nel piano presentato manca un piano per agroalimentare e logistica. A causa di queste diverse tempistiche difficilmente la situazione di Piombino potrà essere accorpata all'Ilva di Taranto. La scadenza per Piombino è luglio perciò entro aprile devono essere confermati gli impegni”.
Di fronte a una situazione sempre più incerta, si delineano gli scenari più diversi, tutti avvolti da preoccupazione e dubbi. Ormai anche dal sindacato e soprattutto tra i lavoratori si sente parlare di “piano B”, di “staccare la spina a Rebrab”, di “riprendere la nostra fabbrica”. Si spera a questo punto che le istituzioni tengano in piedi uno stabilimento che sta lentamente uscendo dal mercato e che intercettino un altro privato che abbia idee chiare e sia in grado di tradurre in fatti i progetti sulla carta. Un privato come Jindal, magari, che guarda a Piombino, ma con il quale certo i numeri non saranno mai più quelli promessi. Già nel piano presentato a Roma a regime gli assunti saranno meno di 1500 e con un “piano B” difficile che si possa andare oltre.