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Di nuovo in piazza. Ancora uno sciopero in difesa del lavoro. Oggi erano poco più di 500 i lavoratori che oltre a scioperare hanno partecipato alla manifestazione indetta da Fiom, Fim Uglm e Uilm. Un corteo che dalla portineria degli stabilimenti ormai fermi, ha sfilato ancora una volta per le strade della città di Piombino, dove il perdurare della crisi si fa più evidente ogni giorno che passa. La città è stata come sempre solidale, ma è evidente come ormai la fiducia e la pazienza stia finendo. Lasciando spazio alla rassegnazione. Il corteo si è poi radunato davanti al palazzo comunale, arrivando ad assediare quasi fin dentro la sala consiliare la cabina di regia relativa all'accordo di programma.
Un assedio simbolico, in cui l'ordine è stato mantenuto, ma lanciando un messaggio ben chiaro: “Il tempo è finito, vogliamo il lavoro”. La giornata di oggi non è stata scelta a caso; in contemporanea allo sciopero si è tenuta infatti l'incontro della cabina di regia. All'ordine del giorno gli interventi per l'area portuale, per la messa in sicurezza e la bonifica, gli interventi per l'efficientamento energetico e miglioramento ambientale, l'iter dell'attivazione della bretella di collegamento fra il porto e la statale 398, i nuovi insediamenti produttivi nell'area portuale, iniziative per il sostegno al reddito, la formazione e l'occupazione dei lavoratori, il monitoraggio del Piano di riqualificazione e riconversione industriale. Un incontro che però senza i finanziamenti promessi da Rebrab, che intanto investe concretamente in un progetto siderurgico in Brasile, appare a molti inutile.
Nonostante la convocazione al ministero per il prossimo 21 febbraio, i sindacati protestano per i ritardi, ormai inaccettabili, del piano Aferpi. E la rabbia si divide, in parti uguali: un po' contro Rebrab, principale colpevole di un atteggiamento ambiguo, un po' contro il governo, in parte complice ma soprattutto incapace in questi mesi di prendere in mano la situazione e spingere Cevital a fare chiarezza. E un po' di rabbia si sente anche all'interno dei manifestanti, dove alcune minoranze usano toni più aspri, accusando Rebrab, istituzioni e gli stessi sindacati che avrebbero atteso troppo, credendo alle tante promesse del patron algerino.
Nonostante tutto si cerca si restare uniti, perché ora più che mai serve trovare una soluzione che scongiuri la temuta e definitiva fine delle storiche acciaierie piombinesi. Infatti, come già hanno dichiarato dopo il deludente incontro tra il ministro Calenda e Rebrab, per i sindacati ora spetta solo al Governo decidere se si deve o meno continuare a sperare nel progetto Aferpi. “Dalla convocazione ci attendiamo risposte concrete da parte del Governo sul proseguimento o meno del progetto Cevital partendo dalla continuità produttiva dei treni di laminazione, per la tenuta dell'ammortizzatore sociale, dalla proroga oltre il primo luglio della legge Marzano e dal finanziamento del piano industriale nella sua interezza. Basta tergiversare - hanno dichiarato in una nota i sindacati - L'inadempienza dell'imprenditore e l'immobilità di questo Governo stanno mettendo a rischio il polo siderurgico piombinese. La politica ha il dovere di governare e spetta solo solo al Governo decidere se si deve staccare la spina o se continuare a credere in questo progetto". Forse martedì 21 febbraio sarà il giorno delle risposte. Altrimenti, con l'avvicinarsi della scadenza dei termini contrattuali firmati da Cevital, la situazione potrebbe diventare ancora più drammatica.