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Il Natale potrebbe non portare niente di buono a Piombino. A meno che non arrivino quei cinquanta milioni indispensabili per sopravvivere. Altrimenti Aferpi fermerà gli impianti all’inizio del 2017 e tutto il progetto di rilancio delle ex acciaierie Lucchini rischierà di fermarsi definitivamente.
“È un rebus - dice Mirko Lami della Cgil, che nelle recenti consultazioni per la Rsu si è confermata il primo sindacato -. Nessuno riesce a capire cosa stia succedendo, il vero motivo per cui si è bloccato tutto. Rebrab ha difficoltà a portare fuori capitali dall’Algeria. Le banche non danno credito. E non si capisce dove sia il problema. Abbiamo ancora fiducia in lui, anche perché è l’unica possibilità rimasta. Nessun imprenditore italiano si è presentato. Rebrab ci ha messo soldi suoi: 100 milioni, non briciole, paga un milione e mezzo ogni mese per sostenere i costi di progettazione della nuova acciaieria. E rischia di perdere tutto. Per credere che non faccia sul serio dovremmo pensare che sia matto”.
A bloccare tutto è l'impossibilità dell’azienda ad ottenere dalle banche il finanziamento del circolante, cioè i soldi che servono per comprare i semilavorati, che non si possono più produrre negli impianti perché il vecchio altoforno è stato spento, in attesa del nuovo forno elettrico, e mandare avanti così la produzione quotidiana.
Che la situazione fosse molto complicata lo aveva già indicato a novembre la relazione del commissario della Lucchini in amministrazione straordinaria, Piero Nardi, che aveva parlato di 85 milioni indispensabili per la continuità produttiva. Specificando che le istituzioni hanno fatto tutto quello che dovevano: in breve tempo hanno smaltito gli iter burocratici, con la Regione che ha garantito 30 milioni per la progettazione ecocompatibile, mentre Rebrab deve fare ancora molto, e l'azienda oggi lamenta una chiusura totale delle banche italiane per finanziare il progetto.
Così la situazione è in stallo, uno stallo che preoccupa molto i lavoratori. In più occasioni Aferpi ha mostrato stupore e sorpresa per la chiusura da parte del sistema bancario. Cevital ha versato in totale 102 milioni di euro, gli ultimi dieci un paio di settimane fa proprio per sostenere il circolante. Sono gli unici soldi che Aferpi ha in cassa, insieme ad un finanziamento da 18 milioni concesso da Unicredit con la garanzia di Sace che ne ha assicurato il 50%. Nonostante un portafoglio commesse da 250 milioni di euro.
Le banche non parlano e nessuna intende spiegare perché non è disposta a finanziare il rilancio della siderurgia a Piombino. Forse il problema sta nel fatto che il progetto di Cevital non è del tutto chiaro e le banche, che con la Lucchini ci hanno già rimesso un sacco di soldi, non danno un euro. Così non si va avanti, anzi si rischia di andare indietro. Non si sta parlando di finanziare la nuova acciaieria per la quale servono oltre 500 milioni, ma di sopravvivere e arrivare ad avere i nuovi impianti.
Ad essere bloccate, poi, sono anche le bonifiche, molte complicate ma parte del cuore del progetto e del rilancio del territorio e degli impianti. Entro Natale, o al massimo entro la fine dell'anno, è previsto l'arrivo di Rebrab a Piombino e in molti si aspettano di sapere come stanno le cose, e quali saranno le prossime mosse. Sperando che questa volta siano davvero buone notizie.