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Di questi tempi meglio non ammalarsi, che negli ospedali scarseggiano i posti. Prendiamo il caso dell'Emilia. I nosocomi di Mirandola e Carpi sono chiusi e il Policlinico di Modena funziona a mezzo servizio per colpa del terremoto. Ma il paradosso è che in questi stessi ospedali, come accade in tutto il paese, con la spending review saranno tagliati anche i posti letto oltre a quelli di lavoro. È forse questa la fotografia che sintetizza meglio la protesta dei lavoratori pubblici di Cgil e Uil, in piazza a Roma da tutta Italia per lo sciopero generale del 28 settembre.
La situazione emiliana raccontata da un'infermiera durante il corteo è questa: "I tagli hanno colpito tutte le regioni allo stesso modo, e già questo penalizza un territorio ben amministrato. Se aggiungiamo i danni del terremoto siamo alla beffa. Sa che le dico? Noi prima del sisma assistevamo gente da tutta Italia. Ora siamo in ginocchio e dei soldi pubblici neanche l'ombra". Allora uno si chiede dove sono ricoverati i pazienti. "Nei corridoi se va bene - risponde lei, che lavora al pronto soccorso - oppure li mandiamo nelle poche strutture ancora attive. Ma stanno chiudendo anche quelle per gli anziani, veda lei come siamo messi".
La giornata romana non è delle più clementi, per tutta la mattinata il cielo resta un po' grigio. Ma non importa ai turisti - che si ritrovano a Piazza Venezia in mezzo a trentamila persone e ne approfittano per una foto ricordo originale - né ai manifestanti, presi da ben altri pensieri. Erica Zaltron viene da Biella e fa l'educatrice per un asilo nido. "Siamo sempre di meno, ora il rapporto tra noi e i bambini è uno su dieci. Poi ci sono i colleghi delle cooperative che sono sfruttati più degli altri. Eppure il nostro è a tutti gli effetti un servizio essenziale per la società e per le famiglie. Ma forse agli italiani i bambini piace guardarli in tivvù, perché quando si tratta di mettere i soldi pubblici non ci sono mai".
Giancarlo Casalini è giunto a Roma da Sassari dove è dipendente del Comune: "Ci hanno bloccato i contratti, ora arrivano gli altri tagli. Pensate a come siamo messi in Sardegna, con l'industria in via d'estinzione. E il governo colpisce l'unica risorsa di un luogo dove lo stipendio fisso è una rarità, invece di aiutarci con politiche sulle infrastrutture e sui trasporti, per esempio, visto che i prezzi dei collegamenti aumentano sempre e questo ci penalizza rispetto al resto d'Italia".
Non se la passano meglio i lavoratori degli enti di ricerca. In corteo, davanti allo striscione del suo (l'Ispra), Francesca Fornasier: "Turn over bloccato, precari senza futuro, budget tagliati per la nostra attività: la storia purtroppo la conoscete. Noi raccogliamo le informazioni sull'ambiente, la politica può usarli per la prevenzione dei disastri. Ma se ci tagliano i fondi e il personale, mi chiedo, non è peggio? È ovvio che si spende di più dopo, per l'emergenza".
Altro ente, storia simile. È l'Istituto per il commercio estero (Ice), al centro di una lunga vicenda tra annunci di chiusura - è stato per anni nel mirino delle finanziarie tremontiane - fino al ripensamento e alla riapertura. "Peccato, però - raccontano due lavoratori, Marco Saladini e Davide Sani - che su un migliaio di noi solo la metà tornerà al lavoro, per di più tramite un concorso interno con requisiti un po' strani. Senza considerare che i precari li hanno già mandati tutti a casa. E la spending review non farà che peggiorare le cose".
Lo slogan della manifestazione è "Abbiamo già dato", con tanto di adesivi Agd sulle borse e le magliette. Come del resto hanno già dato anche gli esodati, che non sono lavoratori dei servizi pubblici, è vero, ma vivono un disagio tale che li spinge a protestare in ogni occasione. Rosa Iacovino, di Milano, racconta la sua vicenda tristemente simile alle altre: decenni di contributi, l'accordo con l'azienda (Rinascente, nel suo caso) per il pre-pensionamento e infine la mazzata della riforma Fornero che la manderà in pensione più tardi, con un buco di quattro o cinque anni senza reddito né stipendio. "A Milano abbiamo attivato uno sportello alla Camera del lavoro, ci vediamo ogni martedì: non sa quante persone vengono a raccontare il loro caso. Il governo deve tutelarci tutti, stiamo lottando per questo".
La lista dei tagli e dei risparmi pubblici è lunga. Nel vortice sono finiti anche i commessi e i portieri del Policlinico Gemelli di Roma, quello che ospita le degenze dei papi. "Da un giorno all'altro ci hanno messo in cassa integrazione per tre settimane al mese. Vuole sapere quanto guadagno ora? Trecento euro", spiega Maria Rosa Vespasiani. "L'azienda ci ha detto che la Regione sta ritardando i pagamenti e che quindi non ci sono i soldi neppure per noi. Amen". Massimo Valdinucci, suo collega: "Ha presente i caporali che reclutano i muratori per strada? Ecco, io mi sento in una condizione simile: ci chiamano per fare i lavoretti se ci va bene, altrimenti è solo cassa integrazione".