"I dati diffusi oggi dall'Istat rafforzano i motivi per scendere in piazza il 9 aprile: altissima la disoccupazione giovanile e sempre più precario il lavoro quando c'è. Sono i giovani, insomma, a pagare il prezzo più alto della crisi". E' quanto si legge in una nota diffusa oggi dai giovani e precari verso il 9 aprile, che si riferiscono al sito "Il nostro tempo è adesso".
 
Nel IV trimestre del 2010, secondo l'Istat, un giovane su tre era senza lavoro (29,8% di disoccupazione giovanile) e il tasso di disoccupazione delle giovani donne del sud arrivava al 42,4%. Numeri inascoltabili, che danno la dimensione di massa del problema.
 
"Contemporaneamente - spiegano i promotori della manifestazione -, l'Istat parla di un paese che non solo perde lavoro ma che lo peggiora. Diminuisce il lavoro a tempo indeterminato e aumenta quello temporaneo; cresce il part time, ma solo quello involontario. Di nuovo, a fare le spese di questo processo di precarizzazione del lavoro sono per lo più i giovani: coloro che provano ad entrare nel mondo del lavoro e trovano condizioni impossibili".
 
Un paese che esprime questi numeri, quindi, "è un paese che invita alla fuga, ma questa non è l'unica Italia possibile. Scendere in piazza il 9 aprile significa ribellarsi ad un paese che sembra ormai rassegnato a sacrificare una o più generazioni. Significa pretendere che l'assenza di opportunità e la precarietà di lavoro e di vita che sperimentano soprattutto i giovani diventino la priorità di questo Paese. Non solo nei dibattiti televisivi, non solo in campagna elettorale, ma nell'azione politica concreta. Su questo - concludono - chiediamo risposte qui ed ora al governo. Per questo chiediamo a tutti di scendere in piazza nella giornata di mobilitazione nazionale del 9 aprile".