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Oggi, 31 marzo 2015, chiudono per legge gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, le più violente ed insensate istituzioni totali del nostro Paese. Nessuna proroga è stata concessa alla data di scadenza fissata: un risultato positivo dovuto alla grande mobilitazione del Comitato stopOPG. Per questo un grazie particolare va a quanti - e sono tanti! - hanno partecipato alla “staffetta del digiuno: per chiudere gli Opg senza proroghe e senza trucchi”.
Decisivi sono stati anche l’atteggiamento del Governo, che ha respinto le richieste di proroga - in particolare grazie all’impegno del sottosegretario De Filippo -, l’esistenza della Legge 81, approvata in Parlamento a fine maggio 2014, e il ruolo trainante della Commissione Sanità del Senato.
Il 31 marzo 2015 è una tappa fondamentale nella strada dell'affermazione dei diritti e della cittadinanza di uomini e di donne finora esclusi. Ma non ci si deve fermare alla chiusura degli istituti: occorre continuare il percorso di contrasto alle Rems.
Si apre una fase ricca di speranze ma anche di preoccupazioni e di rischi. In primis vanno commissariate subito le regioni che non si sono fatte carico delle persone internate nelle strutture presenti nei loro territori. È necessario intensificare e completare, con le dovute attenzioni per ogni paziente, il trasferimento di oltre 700 persone nei servizi esterni agli Opg, organizzare le dimissioni e privilegiare le misure alternative alla detenzione per evitare nuovi ingressi. Si potrà così rendere sempre più residuale la risposta di internamento nelle Rems.
Questa fase “transitoria” va utilizzata per ridurre drasticamente il numero di queste Residenze, sanitarie ma pur sempre inequivocabilmente detentive, indirizzando risorse e personale verso i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) e i servizi socio sanitari nel territorio. Anche per evitare categoricamente che gli operatori dei servizi svolgano funzioni di custodia come al tempo dei manicomi.
Purtroppo rimane ancora aperto l’ultimo ospedale psichiatrico, quello di Castiglione delle Stiviere: chiuderlo resta obiettivo necessario per evitare si riaffermi una logica neomanicomiale.
Tutto ciò presuppone l’applicazione corretta della legge 81/2014, che ha spostato il baricentro degli interventi per il superamento degli Opg dalle strutture ai percorsi di cura e inclusione sociale per ogni persona.
Così come bisogna applicare il recente Accordo della Conferenza Unificata (Stato/Regioni/Comuni), che prevede protocolli di collaborazione tra Magistrature e Asl e l’obbligo di inviare i progetti di cura individuali e di dimissione al Ministero della Salute.
È evidente che serve una forte regia nazionale. Occorrono attenzione e vigilanza per garantire qualità alle dimissioni delle persone ancora presenti negli Opg, per fornire indicazioni e sostegno, ove necessario, agli operatori dei DSM e agli operatori della giustizia nei nuovi percorsi di presa in carico, impedire soluzioni che non modifichino nella sostanza una cultura manicomiale di segregazione e di abolizione di diritto.
Dal 1 aprile inizia dunque un nuovo percorso: non solo per ridurre drasticamente le Rems, che vanno considerate residuali, e attivare percorsi di cura nel territorio, ma per rivedere il codice Rocco che ancora mantiene i malati di mente autori di reato in un recinto speciale che li separa dagli altri cittadini. E per garantire il diritto alla salute e alle cure dei detenuti, troppo spesso oggi negato.
Si tratta di un percorso impegnativo: i diritti si conquistano, servirà una partecipazione responsabile e un’altra mobilitazione.
*Per il comitato stopOPG: Stefano Cecconi, Giovanna Del Giudice, Patrizio Gonnella, don Armando Zappolini