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Il 2 dicembre 1968 ad Avola, in provincia di Siracusa, una manifestazione a sostegno della lotta dei braccianti per il rinnovo del contratto di lavoro finisce nel sangue: la polizia apre il fuoco e due lavoratori – Giuseppe Scibilia, di 47 anni, e Angelo Sigona, di 25 – vengono uccisi. Quarantotto i feriti, di cui due gravi.
Così, sei giorni più tardi, Rassegna Sindacale riporta l’accaduto: “L’eccidio di Avola ha destato in tutta Italia, in primo luogo, naturalmente, fra i lavoratori e le loro organizzazioni, un moto profondo di collera”. Appena informata dei gravissimi avvenimenti, la segreteria della Cgil esprime, per mezzo di un comunicato, “l’indignazione e la condanna dei lavoratori italiani per l’eccidio compiuto dalla polizia in armi contro i braccianti di Avola”.
“Due morti e numerosi feriti gravi – scrive ancora Rassegna citando il comunicato della confederazione – sono il tragico risultato di un’aggressione della forza pubblica contro i lavoratori agricoli, in lotta unitaria per il rinnovo del contratto di lavoro nella provincia di Siracusa. Bombe lacrimogene e raffiche di mitra hanno violentemente represso una manifestazione sindacale e popolare causata dall’atteggiamento provocatorio degli agrari, i quali venerdì non si erano neppure presentati alle trattative convocate dal prefetto. La Cgil, mentre chiama i lavoratori alla protesta più larga e unitaria in Sicilia e in tutto il Paese, richiama i democratici tutti alla vigilanza contro questi metodi indegni di un Paese civile, e ripropone la necessità di un immediato disarmo della polizia e dei carabinieri in servizio di ordine pubblico e particolarmente durante le lotte di lavoro”.
“In occasione dell’ultimo analogo eccidio, verificatosi 6 anni fa a Ceccano (Frosinone), il movimento sindacale disse con fermezza che quella strada andava direttamente abbandonata – prosegue l’articolo di Rassegna –. Assassinare oggi i lavoratori che scioperano e manifestano, riporta indietro la situazione politico-sociale del Paese. Un monito la Cgil indirizza al governo, che risponde della repressione e dell’uccisione, e un appello essa rivolge inoltre a tutte le forze politiche; basta con questi metodi, che aggravano la tensione sociale già in atto e che contrastano con lo sviluppo democratico e civile del Paese, oggi rivendicato da crescenti masse di lavoratori, di giovani, di cittadini”.
Milioni di operai, contadini e studenti esprimono la loro protesta, partecipando in tutto il Paese a scioperi, cortei e manifestazioni, in modo possente e unitario; l’imponenza del movimento dimostra quanto profondamente l’eccidio di Avola abbia scosso la coscienza dei lavoratori e abbia rafforzato in loro la determinazione di far cessare per sempre le sanguinose aggressioni e le violenze poliziesche in occasione delle lotte del lavoro. Nel quadro del grande moto popolare che si sviluppa contro l’eccidio, citiamo sommariamente: gli scioperi in tutte le provincie siciliane; la grande giornata di lotta dei braccianti, salariati e coloni proclamata dalla Federbraccianti il 4 dicembre, che fa registrare punte del 90% e 100% e forti manifestazioni, particolarmente in Emilia Romagna, a Rovigo e nel Veneto, in Toscana, in Campania e nei centri agricoli delle Puglie; gli scioperi degli operai milanesi, torinesi – con il significativo 90% registrato alla Fiat, la più alta percentuale dopo il 1951 – e dei grandi complessi di Porto Marghera.
Nel corso delle manifestazioni popolari, svoltesi con particolare forza a Firenze, Napoli, Roma (in occasione dello sciopero regionale per l’occupazione), Matera, Potenza, Latina, Perugia, Terni, Campobasso, Pesaro, Catanzaro, Crotone, Cosenza, L’Aquila, Chieti, Vercelli, Alessandria, operai, studenti e contadini pongono in primo piano la necessità e l’urgenza di imporre il disarmo delle forze di polizia e di garantire le libertà sindacali. Il segretario generale della Cgil Agostino Novella – che partecipa, alla testa della delegazione confederale, ai funerali delle vittime – invia al ministro dell’Interno, Franco Restivo, un fonogramma in cui chiede, a nome della segreteria, che “a seguito dei gravissimi e tragici avvenimenti di Avola e in relazione alla giustificata e profonda indignazione dei lavoratori”, si diano disposizioni affinché “in occasione delle manifestazioni di protesta organizzate unitariamente in tutta la Sicilia dalle organizzazioni sindacali venga evitata l’interferenza della polizia”.
Il segretario confederale della Cgil Luciano Lama dichiara: “Io credo che all’atto della formazione di un nuovo governo, che parla di Statuto dei diritti dei lavoratori e costituisce addirittura apposite commissioni tripartite per esaminarli, due cose vadano stabilite preliminarmente: il disarmo della polizia nel servizio di ordine pubblico e la concessione a tutti i cittadini di piena libertà di sciopero. Altrimenti parlare di Statuto dei diritti dei lavoratori diventa una presa in giro”. Anche la segreteria della Cisl deplora “nel modo più energico l’azione della polizia” e decide nel contempo “di compiere un intervento presso il ministero dell’Interno”, adoperandosi perché sia promossa una rigorosa indagine.
Vito Scalia, segretario della Cisl, afferma: “L’idea che uno sciopero pacifico della categoria più diseredata del nostro Paese sia potuto finire in un bagno di sangue e di violenza mi fa fremere di sdegno e capire quanta strada ci sia ancora da fare per costruire una vera democrazia”. Sempre dalla Cisl, i segretari confederali Carniti, Fantoni e Marcone dichiarano: “Bisogna impedire che simili tragedie si ripetano. La condanna per quanto è avvenuto deve tramutarsi perciò in un impegno di tutti i democratici ma soprattutto dei sindacati per imporre il disarmo della polizia impiegata nei conflitti di lavoro”. Dal canto suo, la segreteria della Uil esprime il convincimento che “metodi come quelli messi in atto dalle forze di polizia non garantiscono né l’ordine pubblico né il rispetto delle leggi ma costituiscono solo un’offesa al senso civico e alla sensibilità sociale di tutti i cittadini”.
Tutti invocano il disarmo della polizia. La richiesta è avanzata – in una nota comune – anche dalla Fiom e dalla Fim, e da 43 deputati democristiani, fra cui molti esponenti della Cisl. Non solo. Al Senato il Pci, il Psiup, il Psi e gli Indipendenti di Sinistra chiedono, in dichiarazioni congiunte – oltre al disarmo della polizia –, la punizione dei responsabili dell’eccidio, il riconoscimento dei diritti e delle libertà sindacali, una serie di misure collegate alle lotte in corso (superamento delle zone, contratti dei braccianti, pensioni, riforma del collocamento). Messaggi, ordini del giorno, telegrammi di protesta sono approvati e inviati dall’Alleanza nazionale contadini, dalla Federmezzadri, dalla Lega nazionale cooperative, dalla Confederazione dell’artigianato, e – sempre in casa Cgil –dal sindacato scuola e dalla Federazione artisti.
Ilaria Romeo è responsabile Archivio storico Cgil nazionale