da Rassegna sindacale Quando sono arrivati in via Molise, ieri pomeriggio, hanno squassato la quiete d’ordinanza della strada ministeriale romana, urlando verso le finestre del Mise i capisaldi della loro protesta: “dignità”, parola chiave ripetuta a tamburo battente, e “Napoli non molla”, la stessa scritta che compariva sulle loro magliette, la stessa idea che si leggeva chiaramente in faccia ad ognuno dei 400 manifestanti giunti da Napoli per accompagnare l’incontro tra l’azienda, i sindacati e il ministro Di Maio. Al quale dalla strada è stato rivolto un duplice, perentorio, invito: “Ricordati chi eri, “Ricordati da dove vieni”. Insieme ai lavoratori, armati della stessa rabbia e della stessa tenacia, c’erano anche i familiari, mogli e figli degli operai che dopo anni stanno vedendo svanire il loro lavoro, quel posto alla Whirlpool che in molti casi era stato anche il lavoro dei loro padri. Abbiamo raccolto le voci di alcuni manifestanti e dei familiari che li hanno seguiti e sostenuti nella loro protesta. Possono dire ciò che vogliono, ma il sito di Napoli è competitivo sul mercato. Abbiamo avuto quattro premi, 3 Iso e uno per la sicurezza, non possono trovare alibi per chiudere la Whirlpool di Napoli. Oggi siamo qui per dire che non possiamo cedere la nostra fabbrica. Questa spunta verde che c’è sulle nostre magliette vuol dire proprio questo: non si può cancellare un’azienda che funziona, così, con una semplice ‘x’. Siamo qui anche per gli altri siti italiani – Milano, Varese, Siena e gli altri – perché pensiamo che il piano dell’azienda sia creare un effetto domino che investirà anche le altre sedi: partono da Napoli per procedere poi nel resto del territorio, chiudere in Italia e portare tutto all’estero. La società è venuta anche meno all’accordo firmato con il ministro Di Maio lo scorso ottobre, che prevedeva altri due anni di solidarietà, mentre l’azienda si impegnava ad investire su Napoli 17 milioni di euro. E invece dopo pochi mesi, improvvisamente, è arrivata la notizia della chiusura. Ma siamo qui, e Napoli non molla. Lavoro alla Whirlpool di Napoli da 20 anni: la maggior parte delle persone che sono qui hanno 15, 20 e anche 30 anni di fabbrica alle spalle. Ci siamo sentiti traditi da un’azienda alla quale abbiamo dato molto, in termini di produttività e non solo, per raggiungere obiettivi che ci hanno portato a primati che solo il sito di Napoli ha realizzato. Ci hanno chiesto di arrivare all’eccellenza e lo abbiamo fatto, perché adesso vogliono buttare via tutto il lavoro fatto? Oggi siamo qui per sapere perché. Come molti qui, anche io ho una famiglia: siamo tutti preoccupati per quello che sta succedendo, noi, le nostre mogli, i nostri figli. Non possiamo avere più un futuro così. Abitiamo in periferia, in una zona già martoriata da problemi di vivibilità, e ora perdiamo anche il lavoro: non lo troveremo così facilmente, o non lo troveremo proprio. Oggi siamo qui a manifestare anche per sapere cosa è successo, perché a ottobre è stato siglato un accordo e poi hanno fatto un passo indietro, senza una motivazione. “Non puntiamo più su Napoli”, e perché, se abbiamo realizzato un prodotto di eccellenza, rispettando i canoni richiesti? Vogliamo una risposta vera. Possiamo vederla anche da un punto di vista politico: stanno spostando tutte queste fabbriche perché vogliono eliminare le fabbriche dal Sud? La nostra azienda è stata sempre pronta alle sfide, tutti i nuovi lanci li abbiamo prodotti noi e abbiamo tanti premi e attestati che lo dimostrano. Non si capisce il perché di questo accanimento verso la Campania, verso il Sud. Non ce l’abbiamo con i nostri fratelli del Nord, gli consigliamo solo di aprire gli occhi, perché queste persone sono senza scrupoli, non abbiamo più fiducia in loro. Il nostro amato direttore La Morgia, oggi amministratore delegato, dopo essere stato accolto come un amico, un fratello, ci ha ricompensati in questo modo e ora abbiamo un nemico in casa. Ci siamo rimasti male due volte, perché essere traditi da chi ci sta accanto non è una bella cosa. Sento forte il peso di questa situazione, perché io e la maggior parte dei miei compagni abbiamo avuto i nostri padri che hanno lavorato per 35 anni in questa fabbrica, hanno dato il sudore, hanno dato l’anima e hanno cresciuto noi con questo lavoro. E adesso è come perdere un pezzo della mia vita, è come veder sparire un pezzo di cuore. Mi chiamo Anna, io e mia sorella Maria Pia siamo venute a Roma, oggi, insieme a nostra madre, per sostenere papà, Francesco. Non è possibile che dopo tanti anni di sacrificio e di lavoro 430 operai debbano perdere la dignità con una semplice ‘x’ sull’azienda. È vergognoso. Mi sento male per mio padre, perché dopo 33 anni di lavoro non è giusto che venga trattato in questo modo. È un fallimento, ma non il suo, lui non ha fatto niente per meritarlo. Siamo venute per dare una mano a mio marito, perché siamo una famiglia. Io e le mie figlie siamo qui per lui e per tutti i lavoratori della Whirlpool Napoli, perché è una famiglia anche questa azienda: lavorano insieme, si vogliono bene, sono legati tra loro. Anche per questo mi dispiace tanto per quello che sta succedendo. Questo è tutto. Lavoro alla Whirlpool Napoli da 30 anni e adesso sto provando le stesse cose che ho provato quando è morta mia madre, scherzo e rido ma in realtà, dentro, è questo che provo. Spero che si risolva tutto nel migliore dei modi, altrimenti chissà come va a finire: abbiamo famiglie, mutui da pagare. Tutto mi aspettavo, tranne questo, che la fabbrica dove aveva lavorato già mio padre, in piedi da tanti anni, facesse questa fine. Abbiamo avuto dei problemi, ma ci siamo risollevati, “la produzione arriva, arriva” dicevano, e alla fine invece della produzione è arrivata la chiusura, all’improvviso, nonostante l’accordo firmato a ottobre. Spero che Di Maio si metta nei nostri panni, che siamo operai e non abbiamo altre risorse, campiamo solo di questo lavoro, e se andiamo in mezzo alla strada smettiamo di pagare le bollette, l’assicurazione dell’auto, la spazzatura: l’Italia così va a finire peggio di prima, è meglio che faccia qualcosa. Quello che chiediamo al Governo è far rispettare il patto firmato il 25 ottobre scorso, perché non è possibile che una multinazionale così forte faccia quello che vuole in Italia e mandi sulla strada 430 famiglie. Senza considerare che per noi lavorano tante altre persone, perché ci sono altre aziende che operano esclusivamente per noi. Ci auguriamo che il ministro faccia rispettare quell’accordo già firmato, perché gli investimenti a Napoli non sono mai arrivati, e questo è molto grave.La fabbrica di Napoli è un sito storico, dal 1964 vi si producono lavatrici. Il signor Borghi da Varese è arrivato a Napoli e ha investito in questo sito affinché diventasse l’eccellenza, dimostrando di credere nel Sud. La chiusura di uno stabilimento con questa storia è un colpo al cuore per chi credeva nella Whirlpool di Napoli e sapeva di fare parte di una famiglia con una storia importante. È semplicemente inaccettabile. Oggi ho accompagnato qui mio marito, Francesco. È entrato a lavorare alla Whirlpool a 18 anni. Stiamo parlando di una fabbrica che ha avuto quattro premi di eccellenza, stanno togliendo il lavoro ad operai meritevoli. Se buttiamo via chi ha valore, che cosa ci rimane? Dobbiamo tutelare quello che abbiamo, questa fabbrica e tutti i suoi lavoratori. C’era qualcosa nell’aria, ma la promessa era che la fabbrica non sarebbe arrivata alla chiusura, dovevano esserci investimenti, dovevano arrivare i prodotti dalla Polonia e invece è successo esattamente il contrario. Questo non è un problema solo della Whirlpool, è un problema dell’Italia intera. Questi operai sono andati a lavorare anche con metà stipendio, hanno stretto la cinghia e non hanno detto niente, con umiltà hanno continuato a lavorare per sette anni in queste condizioni. Il Sud è anche questo, non solo gente che passa il cartellino e va a spasso. Avreste dovuto vedere i pensionati, a Napoli, piangevano, perché loro l’hanno sudata questa fabbrica e non riescono ad accettare la fine che sta facendo. Sono dipendente di questa azienda da 30 anni. L’abbiamo fatta grande, siamo diventati la prima fabbrica di tutto il gruppo, perché i lavoratori di questa fabbrica sono l’eccellenza, ed è stata un fulmine a ciel sereno questa decisione di chiudere Napoli. La situazione è peggiorata con la fusione di Whirlpool e Indesit, fabbriche e personle sono raddoppiati in un momento di crisi e la priorità è diventata tagliare teste, spostando l’attenzione da quello che era il nostro obiettivo, realizzare un prodotto di qualità. Noi siamo in solidarietà da sette anni, ci sono famiglie che non arrivano a 1000 euro al mese e la maggior parte sono mono reddito.L’accordo di ottobre consentiva all’azienda di usufruire di altri due anni di ammortizzatori sociali e in questi due anni si sarebbe impegnata a fare investimenti soprattutto nello stabilimento di Napoli: ha tradito questo accordo e ha dato un colpo al cuore alla città di Napoli, alla Campania e all’Italia intera, perché dopo di loro qualsiasi altra multinazionale si sentirà libera di fare quello che vuole, di stracciare gli accordi, chiudere fabbriche, licenziare persone. Noi siamo carne da macello, e non lo possiamo accettare. All’inizio investono su di te, ti fanno credere di essere un elemento importante, addirittura ai miei tempi dicevano ‘se sei sposato è meglio, preferiamo i lavoratori sposati perché mettono su famiglia e non se ne vanno’. Poi cominci a essere sempre meno uomo e sempre più numero, un oggetto, e all’improvviso – dalla sera alla mattina – scappano via, non gli importa se stai crescendo dei figli e se non sarai più in grado di mandarli all’università. Siamo qui per chiedere al Governo di fermare questa tratta degli esseri umani, perché c’è anche questa, non solo quella dichiarata da Salvini: vengono qui, ci colonizzano, si impossessano delle nostre vite e poi ci abbandonano e vanno via.
Vertenze in primo piano
Intervengono Barbara Tibaldi, Fiom; Rosario Rappa, Fiom Napoli; i lavoratori Whirlpool Napoli; Valentina Ruzzi, appalto scuole Brescia; Laura Andrei, Filt Liguria; Sabina Bigazzi, Filcams, Barbara Neglia, Filcams Puglia. A cura di Giorgio Sbordoni
5 giugno 2019 • 13:01