Continua la scorta mediatica al Roxybar alla Romanina, quartiere sud-est della Capitale. Una promessa nei confronti di Roxanna e Marian, i due proprietari del locale in via Barzilai che, infischiandosene del potere mafioso dei Casamonica-Di Silvio e rompendo quell’assordante silenzio di omertà mafiosa, si sono ribellati. E lo hanno fatto pubblicamente, alla luce del sole. Il loro coraggio va ora supportato. All’indignazione e alla condanna iniziale va dato seguito. Quel famoso riflettore non si deve spegnere su un bar diventato un simbolo tangibile di chi non accetta supinamente e con rassegnazione. ILLUMINIAMO LE PERIFERIE. Un messaggio che, si spera, possa coinvolgere tutta la comunità locale. Parliamo nello specifico di una periferia romana, ma possiamo tranquillamente sovrapporre la Romanina a tante altre periferie italiane, dove non alzare la testa significa accettare di vivere in un luogo senza un cinema, una libreria, un edicola, un luogo pubblico di incontro e aggregazione. EFFETTO DOMINO. Ora, dopo il raid di Pasqua all’interno del bar e la successiva denuncia, sembra che qualcosa si stia muovendo. Reti sociali, associazioni, sindacati e tanti giornalisti stanno provando a fare rete per illuminare quel territorio. “Qui, in questo bar vorremo programmare lezioni, leggere libri, fare rassegne stampa. E vorremmo ottenere un risultato simile in tutte le periferie”, ha detto ai microfoni di RadioArticolo1 Marino Bisso della Rete No Bavaglio. E Simona Ricotti, dell’associazione Caponnetto, ha aggiunto: “Il silenzio è mafia. Bisogna urlare e cambiare le cose. Tutti insieme”. Stefano Milani
Roxybar, riflettori sempre accesi
Appello di reti sociali e giornalisti a rimanere al fianco del locale alla Romanina, diventato simbolo di chi non abbassa la testa. Marino Bisso (No Bavaglio) e Simona Ricotti (associazione Caponnetto): “Il silenzio è mafia”. A cura di Stefano Milani
24 maggio 2018 • 11:58