da Rassegna sindacale “È un momento delicatissimo per l’Europa, perché i governi nazionali hanno rinunciato da tempo a una redistribuzione della ricchezza, e nella politica mondiale nessuno parla più di imposte e dei conseguenti servizi. Nelle varie campagne elettorali si parla solo di diminuzione delle tasse e in tutto questo aumentano a dismisura le disuguaglianze tra le persone”. Lo ha detto oggi, 7 maggio, Romano Prodi in apertura della lectio magistralis tenuta nella seconda giornata di “La nostra Europa, la cultura, il lavoro. La cultura del lavoro”, l’iniziativa organizzata da Cgil, Cisl e Uil a Matera. “La finanziarizzazione dell’economia ha fatto i resto – ha continuato il presidente della Fondazione per la collaborazione tra i popoli –. Il ruolo sempre più importante della finanza rispetto al peso del mondo del lavoro crea ancora più differenze, perché la finanza è mobile e lo sarà sempre di più con il cambiamento tecnologico in corso”. In tutto questo, “la divisione tra salariati di alto livello e salariati di basso livello continuerà a crescere”. In Europa si sta, tra l’altro, diffondendo “un’accettazione diffusa delle disuguaglianze da parte dell’opinione pubblica”. Se 40 anni fa, lo stesso Prodi poteva definire “ingiusta una differenza salariale di 20 o 30 volte”, oggi le differenze di 100 volte “vengono ritenute normali”. Questo, a suo giudizio, è un problema mondiale, “non riguarda solo l’occidente, e l’Europa si è adeguata”, mettendo addirittura in discussione “un principio fondamentale come quello del welfare”, che rappresenta “il più grande contributo che l’Europa ha regalato al mondo”. Eppure, “il welfare è la nostra diversità, e dobbiamo difenderla”. Negli ultimi anni “abbiamo visto una crescita occupazione ma i salari sono assolutamente stagnanti. Gli europei, insomma, lavorano con le tasche vuote” Parlando delle prossime elezioni europee, l’ex premier ha spiegato che in un’Italia con un livello salariale più basso dei tempi pre-crisi, e in cui i ricchi si sono arricchiti ancora di più, i populisti trovano ovviamente terreno fertile, e “non hanno nemmeno bisogno di fare molta campagna elettorale”. È questo il quadro con cui si va alle elezioni europee, in cui si registra anche “un calo del supporto del sindacato”, un problema su cui è necessario “riflettere insieme”. Per questo, secondo Prodi, “l’Europa deve cambiare”, proprio per cambiare questo quadro. “L’Ue viene accusata di tutti i problemi, ma può e deve invece essere la soluzione”. Bisogna però che diventi protagonista della “redistribuzione del reddito”. Le possibilità, a dire il vero, sono poche con gli strumenti attuali, e “servono nuovi mezzi”. “Dobbiamo recuperare i valori fondanti europei - ha continuato -. La distanza dei cittadini dall’Unione è iniziata quando si è fermato il processo fondativo della Costituzione europea”. I cittadini infatti non possono amare “un’istituzione che non decide se non su fatti tecnici, come succede oggi”. Tutto ciò ha cambiato l’opinione comune di cosa sia l’Europa, “e ha fatto passare l’idea che è meglio che il potere sia nelle mani dei singoli Paesi”. Nel mondo attuale, però, “i singoli paesi non hanno la forza di competere di fronte ai giganti mondiali. È un’idea del passato, che va superata”. Non si può affrontare il mondo del futuro da soli, “eppure l’Europa non è stata capace di scelte comuni, sia in politica estera che in economia. Così come l’Italia ha perso il ruolo di collante che ha sempre avuto”. Il rinnovamento europeo, quindi, ha bisogno anche del contributo italiano, e un ruolo importante lo hanno i sindacati, la cui unità “sarebbe un passo molto importante”. Lo stesso vale tutti i corpi intermedi, che “devono riprendere vita perché hanno una funzione essenziale da opporre ai messaggi individualistici della nuova politica”. All’Europa, insomma, serve “un social compact, non solo un fiscal compact”.
Prodi: La nostra Europa, la cultura, il lavoro
Lectio Magistralis di Romano Prodi, presidente Fondazione per la collaborazione tra i popoli
7 maggio 2019 • 12:04