Nel nostro Paese chi riesce ad arrivare sano e salvo entra in un tunnel senza uscita. Negligenza, burocrazia, incompetenza, menefreghismo. C’è un po’ di tutto tra chi deve gestire i nuovi arrivi, provando ad inserire queste persone in un percorso di reinserimento sociale ed invece li abbandona in un perenne limbo dove pare nessuno voglia metterci mano. UN LIMBO SENZA FINE. Non è un mistero, il sistema di accoglienza del nostro Paese faccia acqua da tutte le parti. Nonostante le regole siano abbastanza chiare e lineari. Il sistema di accoglienza in Italia opera su due livelli: prima accoglienza, che comprende gli hotspot e i centri di prima accoglienza, e seconda accoglienza, il cosiddetto SPRAR, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Se tutto filasse liscio, la prima accoglienza dovrebbe servire a garantire ai migranti primo soccorso, a procedere con la loro identificazione, ad avviare le procedure per la domanda di asilo. Ma non è proprio così come racconta ai microfoni di RadioArticolo1 il giornalista Duccio Facchini che per il mensile Altreconomia sta portando avanti un’inchiesta sul tema. IN RETE. Chi prova a portare avanti pratiche di buona accoglienza è la società civile. Tante associazioni ma anche privati, come Mauro Orsi che ha creato, insieme a Maurizio Astuni e Al consorzio di cooperative sociali Agorà, una piattaforma digitale chiamata StartRefugees. Il progetto si rivolge da un lato ai Centri di Accoglienza, che si occupano di accogliere sul territorio italiano i richiedenti asilo e hanno il compito di inserire i migranti all’interno di un contesto lavorativo, dall’altro, a privati o aziende che necessitino di forza lavoro a chiamata. Stefano Milani
L'accoglienza senza business
Se la politica ostacola l'integrazione, la società civile si ingegna per trovare lavoro a chi è costretto a scappare. Intervengono Duccio Facchini, Altreconomia; Mauro Orso, StartRefugees.com. A cura di Stefano Milani
29 maggio 2018 • 11:58